• Racconto di un libraio 
  • di
  • Orazio Dell'Uomo
     
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  • venticinque agosto 1983 racconti inediti borges

    • "Non capisci che l’importante è accertare 
    • se c’è un solo uomo che sogna o due che si sognano”
  • Borges, "25 agosto 1983"
  • Ero in chiusura, quel venerdì verso le 19; giornata fiacca, già, con quel tempaccio. Cominciava, tra l’altro, a nevicare e la strada che devo percorrere quotidianamente, da Fabriano a Campodonico, non è delle migliori, specialmente di sera e col nevischio.  Quando mi trovo davanti, senza essermi accorto che fosse entrato, un tipo “alto e secco. Il suo viso allungato e stretto pareva la caricatura di un’apparizione hoffmaniana”.  Non ebbi, però, il tempo d’indagare oltre la sua fisionomia, quando, a me che me ne restavo alquanto meravigliato di quel subito apparire, fece gentilmente, compitamente, la sua richiesta:  “Mi scusi, sa, per l’ora già tarda, ma sono stato attratto dal nome della sua libreria, Pandora, da ciò che evoca, vi si può trovare di tutto, ciò che si cerca, ciò che si è perduto...”   Lo guardai interrogativamente. ? “...è un pezzo infatti – riprese con educato controllato accento straniero, certamente nordico – che io sono impegnato nelle queste di un piccolo libro, ahimè introvabile anche dai bouquinistes, mi è capitato di andare anche a Parigi...”
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  • Oh, quanto la fa lunga! Pensavo intanto io, guardando inavvertitamente l’orologio; ma ero anche incuriosito e come affascinato dalla sua presenza, la fisionomia, il vecchio soprabito decoroso ed un po’ sfinito, l’accento, i suoi modi.   “Si tratta di un piccolo libro di racconti, ma in particolare me ne interessa uno, che s’intitola Morte mentale, l’autore è Giovanni Papini, già, quel Gian Falco immeritatamente dimenticato, come dice Borges nella sua prefazione.  L’editore... mi pare Franco Maria Ricci, sì, in una collana, la Biblioteca di Babele.    
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  • Ascoltata, ora, con attenzione di libraio, la sua richiesta, ne presi nota e promisi di cercargli il testo.   Sì, un ago in un pagliaio! Ci demmo appuntamento per la settimana dopo; se ne andò salutando con estrema cortesia, quasi affettazione. Notai, allora, il suo naso lungo, la bocca sinuosa ma un po’ sarcastica, il mento a punta.
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  • Quella sera mia madre aveva preparato l’aquacotta, alla maniera campodonicese: cicoria, patate ed altre verdure, un bouillon rustico dove alla fine si frangono uova freschissime e s’intingono pezzi di pane raffermo. Mi ricordo quanto la gustai. Ma la mia immaginazione continuava a lavorare intorno a quella fisionomia, come se l’avessi davanti... avrei avuto l’impulso di condividere con lui la mia zuppa, dargli un po’ di calore, di abbracciarlo, quasi.
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  • Sabato andai, come al solito, a Pesaro, da mia moglie e dal mio bambino piccolo; così si svolge la mia vita di libraio indipendente ed itinerante.  Ma non me ne lamento: Pandora mi dà delle soddisfazioni; è una piccola libreria un po’ eclettica, tratta lo scolastico, l’usato, i libri d’avanguardia, i successi editoriali più o meno meritati, (cerco, però, di selezionare), testi, anche, di nicchia e perfino, un po’ d’antiquaria; così il pubblico è vario, extracomunitari, curiosi, modaioli, lettori forti, qualche bibliofilo. E poi, quel tipo.    Già, dovevo ricordarmi della sua ricerca.    Di solito sono preciso e cerco di essere puntuale con i miei clienti; ma quella volta, non so come, la cosa precipitò in una specie di oblio, una nebbia di dimenticanza; anche se, ogni tanto, mi s’affacciava un pensiero fastidioso, una lacuna, un piccolo vuoto colpevole.  Ma l’uomo non si ripresentò. Ed io presto lo dimenticai del tutto.
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  • Per fortuna il lavoro aveva ripreso dopo la pausa invernale, clienti andavano e venivano, il ritmo era buono e ci si preparava a Poiesis, evento che richiama sempre un sacco di gente a Fabriano e di cui sono fiero di essere il libraio fornitore dei testi in dibattito.  Giunto, in effetti, il momento in cui doveva aver luogo la manifestazione, a maggio inoltrato, con un’esplosione primaverile di fiori e di sole che inondava Fabriano ed il bellissimo orto concluso del quattrocentesco Ospedale del Buon Gesù, dove si svolgono gli incontri, mi pervenne in libreria una mail, tra le molte in quel discreto traffico elettronico, che così suonava e mi lasciò di stucco:   “Gentile Libraio, sono Otto Kressler; non so se si ricorda di me e della mia queste, oramai però è troppo tardi. Sappia che sono pervenuto al fine che desideravo ardentemente e ho perfezionato la mia morte mentale.  Forse, con il suo oblio, Lei ha contribuito a questo mio annichilimento; ma non ne abbia rimorso, perché era ciò che desideravo.  Le mando comunque, per ricordo, il libro di racconti di Papini, per l’editore Franco Maria Ricci, con la prefazione di Borges. E con le mie postille a matita rossa.  Ma lo dimentichi subito o lo dia alle fiamme.  Con stima e amicizia e con l’augurio di ogni bene per la sua avventura di libraio indipendente.  Suo, Otto Kressler.”

    «...Una dozzina di giorni fa, tenevo una conferenza a La Plata sul sesto libro dell’Eneide.  All’improvviso, mentre scandivo un esametro, ho capito qual era la mia strada. Ho preso questa decisione.  Da quel momento, mi sono sentito invulnerabile. La mia sorte sarà la tua, avrai una brusca rivelazione, in mezzo al latino e a Virgilio, dopo aver completamente dimenticato questo strano dialogo profetico che si svolge in due tempi e in due luoghi.  Quando tornerai a sognarlo, sarai quello che sono io e tu sarai il mio sogno...».
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  • (Brano tratto dalla stesso racconto citato da Orazio Dall’Uomo: Jorge Luis Borges (1899-1986), “Venticinque Agosto 1983 e altri racconti inediti”. Volume in onore di Borges nel suo 80° compleannoFranco Maria Ricci1980, Formato in 8, Pagine 147 + (2), Collana “La biblioteca di Babele”, direttore Borges, Numero 19).
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  • Per  coincidenze (?) incrociate mi sono ricordato d'un alquanto teso scambio di battute con Borges, a proposito di Pound.  In automobile, in tre, mentre perdipiù guidavo riaccompagnandolo a Venezia da F. M. Ricci, dopo la settimana all’Heliopolis del 1977. Poi ci  fermammo, su sua esplicita richiesta, alla tomba di Dante, ove meditò alquanto, con la Maria Kodama dietro ed io ancor più arretrato ed in silenzio...  Negli ultimi chilometri fino all’imbarcadero ove ci attendeva un molto trepidante F.M.R., riprendemmo sorprendentemente il tono più disteso e quasi gioioso, merito dell'intervenuto collegamento Dante-Virgilio, con delle sue riflessioni che mi restarono evidentemente dentro, proprio sul VI dell’Eneide e sul ramo d’oro...
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  • Solo tanti anni più tardi lessi il passaggio sopracitato che mi rese ancor più rintracciabile un mio più scarno doppio, sottile ma non flebile. Ancora poco tempo fa intervenne in me l’esigenza, quasi irriflessa, d’impiantare, sul mio mosaico pavimentale dell'albero della vita, il ramo d’oro, come una pulsione di varco, di monito, di pacificazione.  Mosaico infatti da me dedicato a Karl Evver, che da poco ha oltrepassato il fiume.  In molte altre occasioni comunque Borges cita il VI dell’Eneide, che si rilela quindi centrale nelle sue riflessioni. Anche nell’Inscripción (La cifra, La Rosa profunda, dedicate, tra le ultime, a M.K.) la parafrasi virgiliana esprime il fatto in sé, fisico eppur contemporaneamente oltre-fisico (“...le mani tese nel desiderio della riva di fronte”, in traslato lo strumento corporale di M.K e la mente di B.), con una capacità ineguagliabile d’unire cosa e parola, come dice Leopardi nello Zibaldone a proposito di quel ribaldo del Berni: "...quasi come se - per dirla con Berni - ei dicesse cose, mentre gli altri dicevano parole e di queste, spesso, si accontentassero..."      (S.G.)