L'EVOCAZIONE DEL SACRO PERDUTO
-
-
dal GEORGE-KREIS al COLLEGE DE SOCIOLOGIE
di
Federico Gizzi
- Larvatus prodeo.
- (Descartes, Cogitationes privatae, 16198).
Negli ultimi venti anni si sono moltiplicati, con esito largamente profittevole, gli studi generali e particolari riguardanti quel fenomeno che potremmo definire l’evocazione del Sacro perduto; ovvero quei tentativi pubblici e privati, svoltisi sui più vari piani, di restituire un soffio di sacralità e di trascendenza ad un mondo, quello occidentale, avvertito oramai come avviato sulla strada di una apparentemente inesorabile secolarizzazione. Notissimi sono gli studi relativi alla sacralizzazione della politica e, più in generale, riguardanti le nuove religioni politiche, del XIX e soprattutto del XX secolo[1]; meno note, ma altrettanto importanti, le ricerche svolte su cenacoli, gruppi, consorterie, lignèe, reseau, che all’interno delle stesse coordinate spazio-temporali e culturali hanno tentato, vuoi con caratteristiche più contemplative, vuoi più operative, di effettuare vere e proprie fondazioni religiose ovvero di praticare evocazioni sacrali, a vantaggio o anche a svantaggio di una civiltà avvertita come giunta ad una pienezza dei tempi che non consentiva di operare altrimenti in questi ambiti. Il focus di questo contributo è centrato su due ambiti delimitati, il George-Kreis e il Collège de Sociologie, ormai piuttosto ben studiati e sui quali ambiti, ovvero sui protagonisti di essi, esistono diverse opere imprescindibili, alle quali si rimanda[2]; il che mi esenta dal trattarne diffusamente e generalmente. Mi è invece sembrato più interessante trattarne a luce radente, diciamo, alcuni aspetti comparativi, marcandone differenze ed analogie, osservandone alcuni aspetti fenomenologici peculiari, e soprattutto inserendo questi ambiti, ed i loro protagonisti, nelle vicende storiche di cui, pur nella discrezione del loro essere ed operare, si sono trovati ad essere spettatori e talvolta anche attori; quell’insieme di vicende, che, tra fine del XIX secolo e metà del XX, possiamo riassumere nel termine Tramonto dell’Occidente ed ingresso (dell’Europa) nella Post-storia[3]. L’interesse per questi due ambiti, ciascuno a suo modo così elitario, è cominciato per me quando incontrai la figura del tutto eccezionale di Alfred Schuler, che potremmo definire lo psicopompo del George-Kreis[4]; di questo autore, e della sua opera principale, ho avuto modo di trattare nel n° 29 della rivista La Cittadella, dove, parlandone più diffusamente, ho abbozzato il confronto con gli ambiti propri al Collège[5]. Qui invece il baricentro della narrazione è spostato su quest’ultimo gruppo, che ho cercato di posizionare all’interno di un vastissimo insieme di relazioni palesi e segrete che segnano la storia culturale, e non solo, del Novecento europeo. Parlare di relazioni palesi e segrete non vuol certo suggerire, gli Dei ci consentano di sfuggirne sempre, una visione volgarmente complottistica degli eventi storici; piuttosto, invitare a vedere, del tessuto storico, la trama e l’ordito. E’ stato detto che quel che spesso ci manca è una storia gnostica, che sappia leggere gli intersignes che punteggiano così di frequente, a saperli vedere, il tempo storico[6]. Questo scritto, con molta presunzione, ambirebbe anche a fornire un contributo in questa direzione.- Un’ultima osservazione, relativa allo stile di queste pagine; uno scrittore dei nostri tempi, Jean Parvulesco, ha sostenuto più volte con forza che i tempi presenti, e l’affrontare determinati argomenti, richiedano da parte dello scrittore l’utilizzo dello stile esaltato, l’unico atto a far emergere certi specifici contenuti. Benché non sia uno scrittore, ho tentato di praticare, in una determinata misura, la stessa scelta[7]. Se anche minimamente vi sia riuscito, questo, ovviamente, è giudizio che spetta al benevolo lettore.
- Le note al testo, bibliografiche o meno, hanno anche il compito di riequilibrare lo scritto e ancorarlo alle modalità consuete della prosa saggistica.