LO SPETTRO DELLA STAGFLAZIONE GLOBALE SU DI NOI
- di
- Vittorio de Pedys,
- (dicembre 2022)
- Nel terzo trimestre 2022 le economie mondiali hanno mostrato evidenti segnali di rallentamento. Stanno venendo al pettine parecchi nodi insoluti degli anni passati e nuove difficoltà impediscono lo sviluppo delle economie a ritmi accettabili. Stiamo per cadere, collettivamente, in una fase di stagflazione. Con questo vecchio neologismo si descrive una congiuntura economica di recessione abbinata ad una crescita dei prezzi ben al di sopra delle possibilità di gestione da parte del pubblico. Di questa doppia disgrazia non se ne sentiva parlare dai lontani anni ’70 quando il mondo vi fu gettato all’improvviso dal brutale rialzo dei prezzi del petrolio da parte delle nazioni arabe come ritorsione per la guerra del Kippur. Da allora i tassi di interesse hanno avuto una tendenza secolare di riduzione durato molti decenni e venuto a terminare proprio in tempi recentissimi. Basti pensare che nel 2021 oltre 20.000 miliardi di titoli di stato dei paesi occidentali mostravano rendimenti reali negativi. In altre parole, il povero risparmiatore o fondo o banca che ha acquistato questi titoli per la loro sicurezza aveva come garanzia matematica quella di perdere soldi dall’investimento. Pensate quale effetto negativo una cosa del genere può avere sulle disponibilità finanziarie dei risparmiatori e, come corollario, sulla attrattività del capitale per scopi produttivi. Oltre al rallentamento dell’inflazione e dei tassi di interesse, abbiamo assistito anche ad una parallela riduzione dei tassi di crescita economica. L’Italia in questo detiene ogni record, visto che l’economia nazionale è sostanzialmente ferma dagli anni ’90 con conseguenze devastanti sull’occupazione giovanile, sulla produttività, sulla crescita del reddito disponibile. Tutte le altre economie occidentali sono cresciute poco, ma comunque un po' di più. Ora purtroppo stiamo entrando in una fase in cui l’inflazione è passata bruscamente dal 1% a circa il 10% in Europa (circa 8% in USA) e tutti gli organismi economici internazionali, privati e pubblici, prevedono una recessione ad iniziare dal 2023. Negli Usa la recessione è stata già registrata con i primi due semestri del 2022 cresciuti a tassi negativi. Le previsioni per gli Usa sono di un 2022 che chiuderà circa a zero e divergono per il 2023, dove alcuni prevedono una ripresa intorno al 2%, ed altri invece ritengono inevitabile una crescita negativa. Per l’Europa quasi tutti gli Istituti sono concordi nel prevedere una congiuntura recessiva nel 2023, dal momento che le economie sono colpite contemporaneamente dallo straordinario rialzo del prezzo del gas naturale, dalle conseguenze economiche dei lockdown decisi dai governi e da politiche monetarie fortemente restrittive. Inoltre, nel 2022 sono venuti generalmente meno gli effetti di sostegno artificiale varati dai governi per tentare di compensare gli effetti profondamente recessivi delle decisioni relative al Covid nel 2020. Ad es. in Italia abbiamo avuto nel 2020 un crollo del PIL del 10%, un rimbalzo “drogato” del 8% ed ora un 2022 che finirà probabilmente con un saggio di crescita limitata, nonostante l’ammontare straordinario di fondi europei del PNRR che stanno raggiungendo il nostro paese. Tutte le recessioni dell’ultimo mezzo secolo sono state precedute, causate o accompagnate da rialzi dei prezzi dell’energia (si veda grafico sottostante, dove le recessioni sono le aree celesti), in particolare del petrolio, per cui anche attualmente sembra questa una delle cause della congiuntura recessiva che i mercati finanziari stanno ampiamente prevedendo e scontando nelle quotazioni.
Prezzi del petrolio in forte rialzo sono prodromici di recessione economica