• RIVOLUZIONI,  MARCE  E  ALTRE  BAGATELLE
  • di
  • Andrea Marcigliano

(da    https://electomagazine.it/rivoluzioni-marce-e-altre-bagatelle/     di venerdì 28 ottobre 2022)


  • Rivoluzioni, colpi di Stato, marce e affini...  la storia del scorso secolo - breve, lo ha definito   Hobsbawm,   sterminato,   ha   risposto   Marcello   Veneziani   -   è   stata   caratterizzata   da minoranze rumorose, determinate, sovente violente.  Le masse, i popoli mai, in precedenza, avevano contato così poco.  Anzi, proprio perché non erano più popoli, proprio perché erano divenute masse informi avevano perso ogni peso.  Ogni controllo delle loro storie.  Certo, erano attraversate da una febbre, un desiderio viscerale di rivolta.   E aveva ragione Ortega y Gasset nel vedere in questo il segno di una nuova era.  Non, però, perché siano state le masse a fare la storia.  Al contrario, sono state il, più o meno docile, strumento nelle mani di gruppi ristretti e organizzati.  E qui viene fuori Pareto. Sono le  élites che fanno le rivoluzioni.  Punto e a capo   Non a caso, quando  il teorico dell’elitismo   insegnava   a Zurigo,   ebbe due uditori, se vogliamo studenti, di eccezione  Uno era esule dalla Russia. Si faceva chiamare Lenin.  L’altro un maestro elementare romagnolo che sbarcava il lunario facendo il muratore e  con   episodiche,   e   mal   pagate   (come   sempre   direttore)   collaborazioni   giornalistiche.   Benito Mussolini.  Con il senno di poi, si può dire che entrambi ascoltarono bene il prof. Pareto.
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  • Oggi, 28 ottobre, sono cento anni dalla Marcia su Roma. E, tra pochi giorni, cadrà il 105° anniversario della Rivoluzione di ottobre. I due eventi che, senza retorica, hanno segnato in modo indelebile e profondo la nostra storia.
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  • Certo, di rivoluzioni ce ne sono state molte altre. E anche molto importanti. Mao in Cina, Nasser in Egitto, Castro a Cuba... e visto che ci siamo anche Khomeini in Iran.  Per inciso, escludo Hitler.  Lui, in Germania, andò al potere con i voti.  Democraticamente...  Tuttavia,   i   due   archetipi   e   paradigmi   restano   quelli.   La   Marcia   e   la   Rivoluzione  di  ottobre.  E con queste, ci piaccia o meno, dobbiamo ancora confrontarci.  Quella di ottobre, quella bolscevica, fu rivoluzione cruenta. Seguita da una guerra civile, tanto sanguinosa quanto caotica. Una sorta di precognizione della biblica “Guerra di tutti contro tutti”. Leggete, per capire, il ciclo de  La ruota rossa   di Solgenicyin.  Ed anche  Il placido Don  di  Solochov.   Forse il più allineato degli scrittori sovietici.   Ne avrete uno spaccato da diverse, e lontane, angolature....
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  • La Marcia fu altra cosa. Meno cruenta e sanguinosa. Violenta, certo, ma di una violenza strapaesana. Non battaglie, ma risse. Molto più consonante con l’anima italiana, in sostanza.   Eppure anche la Marcia fu una, grande, rivoluzione. Perché una rivoluzione non si misura dal sangue e dai morti. Ma dal cambiamento che provoca nella società. E nella mentalità.  E la Marcia su Roma ha rappresentato un cambiamento epocale.   In Italia e non solo.   Piaccia o meno, ha portato al potere un coacervo, o meglio un fascio di forze che hanno forzato una società arretrata, come quella italiana, a divenire moderna.  Industrie, reti stradali e ferroviarie, le grandi bonifiche, il sistema sanitario, assistenziale e pensionistico.  La scuola, i primi media, la cultura di massa...
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  • Certo,   fu   dittatura.   Per   molti   aspetti   dura.   Ma   rappresentò   una   svolta.   Diversa   dalla Rivoluzione russa.  Ma con una funzione, necessaria, non molto dissimile.  Riconoscere questo, oggi, non è retorica nostalgica.   È, semplicemente, fare i conti con la nostra storia.   E con noi stessi.