Curzio Vivarelli 2


  • CRONACA
  • (Sulla esposizione in Rovereto dei quadri di Evola) 
  • di 
  • CURZIO  VIVARELLI
  • Se l'esposizione è bella e lo è oltre ogni critica, i quadri sono molto ma molto belli. Tutte le fotografie che di essi avevo visto per poterne studiare lo stile non ne rendevano ogni ragione.   Mi sono trovato a guardare delle opere ora futuriste e pervase di gioioso dinamismo oppure opere astratte per le quali era palese il fatto che fossero state rifinite con estrema cura e ad esse fosse estranea qualsiasi grossolanità di linea, di forma, di sbavature di colore.    Erano suggestive al grado atteso anche le opere grafiche, in chiaroscuro o semplicemente a tratto di penna.  Non vado oltre perché qui le descrizioni dovrebbero farsi precise per ogni opera singola e questo resoconto è, come prevenuto, volutamente breve.
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  • Il catalogo mi fu regalato dalla congrega di bravi Veronesi che vollero mettere in atto questa escursione: catalogo elegante, poco costoso - e qui un bravo a coloro che lo idearono perché un'opera dedicata a questo nome non può sprofondare nella palude del commercio ma deve essere per quanto possibile a portata di tutti - e con interventi di autori che hanno superato le banalità critiche, sempre pronte a fiorire quando si argomenta d'arte astratta: ovviamente io avrei redatto i testi in altro modo e con altri riferimenti ma ciò non toglie che il lavoro compiuto dagli autori sia egregio.    Ho trovato ad esempio una notizia che per me oscura ogni altra divagazione documentaria: essa è stata per me l'"unica notizia" veramente illuminante:    forse fu nel 1919 o nel 1920 che di una esposizione futurista, con opere del nostro filosofo, un oscuro cronista avesse redatto l'accaduto: Ad accompagnare Marinetti vi era nientemeno che il D'Annunzio il quale, annota il cronista, apprezzò queste opere d'una arte della nuova avanguardia italiana, ma anche - ecco il punto che per me è sigillo assoluto e colonna monumentale! - si soffermò sui quadri di Evola e nominò e indicò come particolarmente bello l'opera intitolata "Dreadnought". Il fatto è riportato dal cronista e della pagina di quel tempo ora lontano è restato il documento originale!    Non aggiungo altro: chi conosca lo sterminato conoscere dell'arte figurativa italiana ellenica ed europea ed orientale del beethoveniano D'Annunzio sa già cosa intendere sotto questo trascurato piccolo avvenimento.
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  • Qualcosa sul luogo: il museo è un capolavoro dell'architettura moderna, talmente originale che io senza alcuna remora darei ordine ad una batteria di cannoni che fosse sulla collina di Rovereto di fare tabula rasa dell'area. E darei quest'ordine bevendomi una meravigliosa birra spumeggiante. Penso di avere espresso abbastanza bene...   Le sale del museo erano abbastanza intricate ed in una vi era, malgrado la giornata inondata del più bel sole di maggio e della più florida fioritura di rose nei giardini, la luce che ci si attende in una sala da consulti di chiromanti e da lettura di carte o da fatture per trovare la prova del marito cornuto.     Io dissi ad un certo punto al gruppo: sono opere bellissime queste di Evola ma l'ambiente, pure museale, pure studiato e ben disposto non lo vedo ancora adatto.  E mi rispose dal gruppo uno studente universitario che disse: è vero! Queste opere starebbero benissimo sotto i capitelli delle nostre vie crucis sulle vie di montagna!  Una nuova via crucis d'un rito non più religioso ma semplicemente interiore, all'aria aperta e sul panorama maestoso dei nostri monti, dove le opere illuminate dalla luce solare troverebbero il loro valore ideale, fu la mia aggiunta!    E devo dire che da qui con i membri del gruppo abbiamo cominciato a fantasticare con senno e senza sosta: si disse
  • I) ...esposizione in un castello tirolese  magari sui muri esterni!
  • II)...nell'elegantissima Halle d'un Hotel a Cortina d'Ampezzo o a Brunico o a Bad Reichenhall, dove la sala ha le sue piante di fiori, le pareti di legno con gl'intarsi, e bellissime vetrate che guardano i monti ed il paese con il campanile a cuspide che saetta verso gli eterni...
  • E si disse anche:
  • III) perché non della sala d'onore del cinquecentesco palazzo degli Agiati, vicinissimo e sempre in Rovereto, in quella sala dove Mozart fanciullo, portato dall'orgoglioso padre Leopold, deliziò i Roveretani con le sue composizioni al piano?
  • IV) nella sala di una vecchia casa del fascio di periferia, a Bologna o a Forlì, magari recuperata un pochino con gli intonaci rinnovati dove le vaste vetrate ti fanno vedere la stradina con il canale ed il filare di pioppi che va in fuga...
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  • In pratica a questa mia osservazione si scatenò la ridda di ipotesi su come avremmo noi allestito questa esposizione e fu un giuoco che ancora mi diletta perché le possibilità sarebbero state tante e davvero suggestive. Ben di più che non...   I miei passatisti (e futuristi) veronesi erano attenti, disciplinati, concentrati. Vi era fra loro anche una bella presenza femminile che però non venne con noi in trattoria.   Perché a mezzodì circa si usciva e per una strada che costeggia un bellissimo giardino fiorito di alberi imponenti e continue aiuole di rose, dove dalle due bande alzavi gli occhi e sopra i cornicioni dei palazzi di metà ottocento vedevi i declivi verdissimi dei monti, arrivammo al "poemetto conviviale": una bella trattoria che ci prese nel cortiletto sotto un vasto ombrellone: sole accecante, temperatura calda, allegria ragionata dove gli studenti e l'editore e gli avvocati discussero delle dottrine di Carl Schmitt, del cattolicesimo di De Maistre (sul visionario savoiardo uno dei due avvocati vi aveva scritto un saggio), dei canederli a Napoli e della pizza a Bolzano, delle qualità di birra.   E della birra devo dire che me ne sono inebriato da toglierne la voglia per una settimana almeno. 
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  • Un simpatico mattoide fra gli studenti sarebbe stato pronto a portar il gruppo fino a Trento o addirittura a Bolzano per andar tutti a mangiare alla Forst, che, diceva, era stata rinnovata e con i nuovi mastri birrai venuti da Kulmbach, la celebre università delle birre, aveva un carico sopraffino di novità "potabili"...
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  • No, sull'entusiasmo prevalse il buon senso. Avevamo già sognato la "nostra" esposizione dei quadri astratti svincolata da quel Pantheon museale con aria da palazzo assicurativo: il gruppo si divise: quelli del Garda ripresero la strada verso il lago via Riva e Torbole - e abbiamo rievocato prima di dividerci la finestrella della pensione in Torbole da dove Goethe guardando il viavai scriveva alla madre che la notte aveva composto nuovi bei versi all'Ifigenia in Tauride -  mentre il gruppo restante prese la via di Ala verso la villa scaligera.    A casa tornato volli fare la solita passeggiata e poi ho rifinito la casa di Heiligenstadt in stile boccioniano.
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  • Proscritto
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  • E dunque, tornando sulle impressioni avute in quel di Rovereto e annotando stralci della ridda di conversazioni che abbiamo intrecciato lungo la visita alla grande esposizione dei quadri di Evola, e poi nella passeggiata verso la trattoria e poi in trattoria infine in birreria saltò fuori pure questo che vado a scrivere: si parlò del rapporto critico avvenuto su questioni linguistiche e grammaticali fra Alessandro Manzoni e il roveretano Antonio Rosmini Serbati.  Manzoni ascoltò le critiche mossegli dal Rosmini e in vari passi corresse il suo capolavoro apportandovi qualche variazione stilistica.    Rosmini come ben noto ai cultori della filosofia è un grande scrittore egli stesso.  Ulteriore prova, ma ne avevo di già a palate, che se non i futuristi stessi, almeno i cultori del futurismo hanno molto spesso una coltura davvero vasta e panoramica.
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  • Sui futuristi stessi fatta l'eccezione di Marinetti, Masnata, e naturalmente anche Evola non si può dire che la rivolta contro il passatismo non avesse avuto in certi casi risvolti diciamo patetici.   Conto di riassumere presto un notevole saggio su Rosmini scritto dal quel vecchio e simpatico archeologo filologo e diarista che era il versiliese Ermenegildo Pistelli che fu un favoloso biografo del giovanissimo Carducci e un insigne commentatore del romanzo di Alessandro Manzoni.    Tutto ciò a margine, appunto, dell'esposizione con i quadri di Evola, con opere di Balla, di Sironi, Carrà et cetera.
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  • Futurismo divenuto ormai branca matta e dilettevole del passatismo. Un pochino, voglio proprio riportare questa analogia!, un pochino dicevo come quella principessa Bagration che, raccontavano i cronisti del tempo di Metternich, ai ricevimenti del tempo della Restaurazione, lei nonna e forse già bisnonna si ostinava a comportarsi ed abbigliarsi come una giovanissima e anche aveva i vezzi e le tirate e il modo di intonare la voce come una adolescente.
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  • Annotato ciò a guisa di promemoria mi rimettevo a lavorare su di una casina di Heiligenstadt essendosi trasformata Pfarrplatz in un laghetto con tanto di navicella a vela.Curzio Vivarelli 1