• Gli anelli della vita

  • GLI  ANELLI  DELLA  VITA
  • di Valerie Trouet
  • Gli alberi e la storia
  • La dendrocronologia: un nuovo approccio al reale
  • rec. di
  • Giovanni Sessa
  • Il mondo vegetale ha fatto la sua comparsa sulla Terra, molto prima dell’uomo. Gli alberi hanno silenziosamente accompagnato il nostro percorso sul “pianeta azzurro” com’è testimoniato dalla centralità attribuita alla vegetazione in molte religioni antiche, dai culti agrari e da riti mirati a stimolare il ciclo riproduttivo, propri di popoli delle aree più disparate del globo terracqueo. Una scienza ancora poco nota, la dendrocronologia, mostra come gli alberi abbiano sempre registrato, nel loro interagire con l’ambiente circostante, in particolare se fortemente antropizzato, i mutamenti intervenuti in esso nel corso del tempo. In particolare, il mondo vegetale annota con puntualità certosina, le modificazioni climatiche che, come è noto, hanno indotto, a volte, cambiamenti politico-sociali.  A illustrare i segreti della dendrocronologia, in un recente volume nelle librerie per Bollati Boringhieri, è Valerie Trouet, docente di dendrologia presso l’Arizona University, Gli anelli della vita. La storia del mondo scritta dagli alberi, (pp. 284, euro 24,00).
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  • Non tema il lettore!   Non si tratta di un saggio scientifico, dall’esclusivo tratto accademico, ma della ricostruzione appassionata degli esordi ottocenteschi di questa scienza, cui si accompagna la presentazione dell’intensa attività di ricerca, condotta sul campo dall’autrice, tra avventura e gusto per la scoperta. La lettura del volume, inoltre, rende edotti dei gravi rischi di dissesto ambientale che l’Antropocene, le cui origini sono collocate dagli scienziati in epoche diverse, ha prodotto. In questo senso, porre attenzione ai risultati delle ricerche dendrocronologiche potrebbe risultare d’aiuto, al fine di superare l’attuale fase di disequilibrio tra propensione orfica e prometeica, che hanno connotato la storia dell’uomo.

 

  • Questa disciplina ha al centro delle proprie ricerche l’età degli alberi, rilevabile dalla conta degli anelli del tronco. Essa è sorta, paradossalmente, nell’area del deserto di Sonora, nei pressi di Tucson negli USA. Ciò accadde in quanto: «Percival Lowell, uomo d’affari che aveva studiato a Harvard ed era tanto affascinato dal pianeta Marte […] si impegnò a finanziare la costruzione di un osservatorio nel Southwest da dedicare all’osservazione del pianeta rosso» (p. 19).
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  • L’incarico fu affidato all’astronomo Douglass. Le sue ricerche smentirono l’esistenza dei canali di Marte, che tanto avevano affascinato Lowell. Questi licenziò lo studioso che, nel 1906, divenne assistente di un docente di fisica a Tucson. Nell’espletamento delle proprie mansioni, si occupò delle relazioni esistenti tra gli alberi e i cicli trascorsi dell’attività solare. Questa ricerca fu l’inizio della dendrocronologia. Ben presto, a essa si ricorse in ambito archeologico per la datazione di: «molte rovine e abitazioni preistoriche dell’antica civiltà dei Pueblo» (p. 23).  Da allora, tale scienza ha compiuto passi da gigante ed è stata utilizzata in storia dell’arte, ma anche: «per verificare l’andamento del clima negli ultimi duemila anni […] per ricostruire il contesto storico degli episodi di siccità e dei periodi pluviali» (p. 27).  Negli anni maggiormente piovosi, gli alberi crescono floridi e gli anelli che li registrano sono ampi.  Negli anni di siccità, al contrario, lo sviluppo anulare risulta più limitato e stretto. Oggi sappiano, ad esempio, che nel Southwest il 1850 fu un anno di carenza pluviale: lo si evince dagli anelli degli alberi di quell’area e della California.
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  • La prima esperienza sul campo, Trouet la visse durante la preparazione della tesi di laurea, in Tanzania: estrasse, da ceppaie utilizzate per la produzione del carbone, un numero rilevante di campioni. Apprese ad usare i succhielli di Pressler, essenziali strumenti con i quali viene realizzato il carotaggio dei tronchi, e raccolse un considerevole numero di dati meteorologici relativi agli ultimi settant’anni in quell’area. Lo studio della campionatura, le consentì di aver contezza della rilevanza dei fattori limitanti sullo sviluppo della vegetazione: «Alberi diversi raccontano storie diverse» (p. 38). Un risultato di grande spessore lo conseguì in Grecia, sui monti del Pindo, dove individuò un esemplare, ribattezzato, per la sua bellezza, Adone, che contava più di 1075 anni! Tale scoperta fu davvero innovativa: andava oltre le tesi relative agli “alberi clone” e agli “alberi monumentali”.   I primi, geneticamente identici tra loro, possono avere uno sviluppo radicale molto antico, addirittura di 80.000 anni, ma i loro singoli fusti non contano più di 130 anni.   Gli alberi monumentali, al contrario, sono di certo antichi ma, data la struttura del midollo del tronco, è impossibile ricavarne una datazione cronologicamente certa.   Gli alberi più anziani: «si aggrappano alla vita tramite qualche stretta striscia di corteccia viva» (p. 48), che permette loro di conservare energia.
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  • Ciò che è importante sottolineare è che: «Gli alberi ricordano. Registrano la storia e non mentono» (p. 56). La dendrocronologia ha permesso di chiarire le cause della caduta dell’Impero romano.  Oltre alle motivazioni universalmente conosciute, tale scienza ha spostato l’interesse degli studiosi sull’instabilità climatica del periodo di transizione dell’Impero.  Le oscillazioni idroclimatiche registrate dagli anelli degli alberi delle Alpi e dei Monti Altai, agirono profondamente sulla produttività agraria del periodo.  In quegli anni, a soffrire di tale situazione, fu la popolazione rurale, cui era demandato il compito di fornire gli alimenti alle altre classi sociali.   I terreni agricoli più ricchi di humus erano destinati alla produzione di olio e vino, prodotti largamente richiesti dai ceti abbienti urbani, la coltivazione di orzo e grano fu praticata, al contrario, su terreni marginali.   Dall’Asia centrale, inoltre, gli Unni si spinsero in Europa alla ricerca di nuovi spazi in cui insediarsi e ciò aggravò la situazione preesistente al loro arrivo. Alla cattiva alimentazione fece seguito il diffondersi di epidemie (peste bubbonica che imperversò per oltre due secoli), anche in conseguenza della Piccola Era Glaciale Tardoantica.  Gli anelli degli alberi, relativi a quel frangente storico, indicano un calo generalizzato delle temperature (probabilmente indotta da eruzioni vulcaniche).
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  • Gli alberi sono davvero la memoria della nostra vita e della nostra presenza nel mondo, presenza non sempre sintonizzata sulle potestates che abitano in tali sacella verdi.