• Pastermak

  • SERGIO  D'ANGELO
  • Vivere senza menzogna!
  • Boris Pasternak ed il dottor Živago
  • di
  • Giovanni Sessa
  • L’Occidente postmoderno vive nella dimensione dell’oblio e persegue la cancellazione della memoria storica dei popoli. Tutto ciò che è accaduto nel «secolo breve», il sogno di rivoluzioni palingenetiche, il desiderio neognostico di trasformazione dell’uomo e della vita, è solo lontano e sbiadito ricordo. Eppure, sui drammi e le tragedie che allora devastarono l’Europa, molto si è detto e scritto. Una testimonianza di grande rilevanza è stata fornita dalla letteratura del dissenso, che fiorì in Unione Sovietica fin dagli anni immediatamente successivi alla Rivoluzione d’Ottobre.  Essa sorse dalla volontà di uno sparuto gruppo di intellettuali, coscienza critica e vigile per milioni di russi. Questi vivevano nella paura e nel timore della «purghe» messe in atto, ab origine, dal regime. Le pagine di quella letteratura circolarono clandestinamente, dattiloscritte, passate segretamente di mano in mano. Custodivano la verità che Solženicyn seppe sintetizzare nell’espressione: «Vivere senza menzogna».    Il dottor Živago, capolavoro di Boris Pasternak, fu una delle più alte espressioni della letteratura del dissenso. E’ uscito da poco, per i tipi di Bietti, un volume che chiarisce quali traversie abbia patito l’autore per vedere pubblicato questo romanzo e la lunga storia che sta a monte dell’edizione italiana di Feltrinelli. Ci riferiamo al volume di Sergio d’Angelo, Pubblicate Živago! Storia della persecuzione di Boris Pasternak (per ordini: 02/29528929, pp. 241, euro 17,00).

  • Il libro è introdotto dalla Nota, mirata a contestualizzare gli eventi narrati, di Andrea Scarabelli. L’autore, dirigente editoriale e giornalista, soggiornò a lungo in Unione Sovietica e negli Stati Uniti. Nel 1956 lavorava presso il servizio italiano di Radio Mosca, dove strinse un numero considerevole di relazioni professionali negli ambienti intellettuali sovietici. Per conto dell’editore comunista Feltrinelli, infatti, avrebbe dovuto scovare le novità più significative del panorama letterario di quel paese, affinché potessero venir tradotte in Italia. Alla fine di aprile di quell’anno, D’Angelo lesse una notizia dell’Ufficio Centrale di Radio Mosca: in essa si annunciava la prossima pubblicazione de, Il dottor Živago. Si recò, allora, a trovare Pasternak. Questi viveva a Peredelkino, il quartiere degli scrittori, creato dal regime in un’area boschiva nei sobborghi della Capitale. Tale l’incipit del volume che stiamo presentando. Tra D’Angelo e Pasternak, data l’immediata e reciproca simpatia, si instaurò un rapporto intenso, destinato a durare nel tempo.
  • L’autore di Pubblicate Živago chiese allo scrittore russo di affidargli, affinché lo consegnasse a Feltrinelli, il manoscritto del romanzo. Garantì, inoltre, che in Italia il libro sarebbe uscito, solo dopo che fosse stato pubblicato in URSS. Pasternak era fermamente convinto che il volume non sarebbe mai comparso, come effettivamente fu, nelle librerie del suo paese, in quanto non in linea con i canoni del realismo socialista. Così rispose alla richiesta di D’Angelo: «Io sono disposto a consegnarle il romanzo, purché Feltrinelli mi prometta di trasmetterlo […] ad altri editori di Paesi importanti, in primo luogo Francia e Inghilterra» (p. 21). Al momento della consegna del testo, inoltre, affermò: «Questo è il Dottor Živago […] Che faccia il giro del mondo» (p. 22). Pasternak era certo che il regime non sarebbe stato tollerante e tenero nei suoi confronti, alla notizia dell’uscita del libro all’estero. Per questo si rivolse al giornalista con tono profetico e fermo, affermando: «Fin d’ora […] siete tutti inviatati alla mia fucilazione» (p. 22). Il manoscritto del romanzo fu consegnato a Feltrinelli, durante un incontro con D’Angelo, avvenuto a Berlino Ovest. Prima che il romanzo venisse pubblicato da noi, diciotto mesi dopo la consegna del manoscritto, i sovietici ed il KGB fecero pressioni per riavere il manoscritto, in quanto, la sua pubblicazione in Occidente, era ritenuta estremamente dannosa. Il romanzo era considerato dalle autorità sovietiche calunnioso nei confronti del regime e delle conquiste del socialismo. In Italia, all’interno della Feltrinelli, si distinse nel tentativo di evitarne la pubblicazione, Luigi Diemoz. Questi, e la cosa è paradossale, era stato collaboratore de La Torre, il quindicinale tradizionalista diretto da Julius Evola, che uscì nel 1930.
  • Nella ricostruzione delle vicissitudini patite da Pasternak, l’autore alterna vari piani narrativi: le vicende editoriali del romanzo son intrecciate da squarci sulla vita quotidiana sovietica o dalla narrazione dei lunghi viaggi che egli compì, in qualità di corrispondente di Radio Mosca, nei «Paesi satelliti». Realistica è la descrizione delle misere condizioni di vita cui era costretto il popolo russo: «Quando cala la sera le finestre degli edifici, in centro come in periferia, sono tutte illuminate, e non è un buon segno: è il segno della coabitazione generalizzata, una famiglia in ogni stanza. Gli ubriachi, inoltre, sono molti, troppi» (p. 24). Interessante, la presentazione di personaggi vicini al PCI, che vivevano nel «Paradiso comunista», quali la moglie di Gramsci e le sue sorelle: «Le tre sorelle sembrano chiuse, spente, non pronunciano che qualche monosillabo» (p. 30). Il racconto presenta i toni grigi, l’atmosfera intellettualmente ed esistenzialmente asfissiante, che caratterizzavano la vita «ai tempi» del comunismo reale.
  •  In ogni caso, dal racconto si evince che D’Angelo continuò a frequentare Pasternak e sua moglie, non solo durante la permanenza a Mosca, ma anche in seguito. Tra il 1959 e il 1960 si attivò, a proprio rischio e pericolo, per fargli avere i proventi dei diritti d’autore . Del resto, come è noto, nel 1958, Pasternak ottenne, mandando su tutte le furie i sovietici, il Premio Nobel e, da allora, Il dottor Živago ebbe un successo di vendite senza pari, a tutto vantaggio del «guerrigliero» Feltrinelli.     Le consegne del ricavato venivano effettuate attraverso fidati corrieri, il più delle volte membri del Pci, mandati, per altre ragioni, a Mosca. Nell’agosto del 1960, tre mesi dopo la scomparsa del premio Nobel, gli «inviati speciali» furono scoperti. Le autorità sovietiche condannarono alla reclusione sua moglie Olga, beneficiaria dei diritti. Perché tanto odio nei confronti di Pasternak? In fondo, Il dottor Živago non è un testo politico. E’ un libro che parla di bellezza e verità e invita gli uomini dabbene, a vivere per esse: solo a tale condizione un individuo può, infatti, pienamente sentirsi persona, unica ed irripetibile. Nelle pagine del romanzo l’attenzione è, in più di una circostanza, portata sulla natura hiemale della «Madre Russia»: nei suoi paesaggi sconfinati ed innevati, o nella loro veste primaverile, Pasternak legge la presenza dello spirito vitale del proprio popolo. Per questo nel 1960, diffusasi la notizia della sua morte, in migliaia partirono da Mosca alla volta del villaggio nel quale viveva. Volevano rendere il dovuto omaggio ad un testimone della verità e della libertà.
  • Pubblicate Živago! è, pertanto, un libro che rievoca, con tratto affabulatorio, la sofferenza di chi si oppose alla tirannia comunista, nel nome dei valori fondanti la civiltà europea.