Madre con bambino 4 ELOGICON def


Mia  Madre

di

Giuseppe Gorlani


  • Mia madre immaginava fogli verdi con sovraimpresse croci. Identificava le scale di cristallo con la meraviglia preclusa all’uomo. Questi doveva lavorare, lottare, meritarsi tutto.  Veniva dalla seconda guerra mondiale. Non amava i tedeschi e detestava i partigiani sfrontati, dal grilletto facile, con un rosso fazzoletto attorno al collo.  Al ritorno dalla Russia, mio padre, suo novello sposo, dovette nascondersi in una stanza senza finestre per quasi un anno. Parecchie volte vennero a cercarlo: lo ritenevano un “fascista” per il semplice fatto di essere stato un coraggioso ufficiale dell’esercito italiano. Ma mia madre riusciva ogni volta ad allontanarli.
  • Era bella, mia madre, e anche lei spavalda, a suo modo.  La religione l’ha sorretta per tutta la vita. E così non si è mai tirata indietro di fronte alle difficoltà, benché a volte se ne lamentasse e tentasse di scostare da sé il calice amaro. Gesù e la Madonna erano i suoi fari. Il suo animo sembrava però impregnato di dignità italica precristiana. La sua modestia ruggiva.  I cieli la trattarono dolcemente. Negli azzurri tersi delle primavere le rondini spesso le sfioravano i capelli. Quando si occupava del giardino alcuni animaletti le si avvicinavano.  Le piacevano le rane verdi e gialle. Sopportava i pipistrelli. E non aborriva neppure i topi. Quando doveva liberarsi di un gatto semi-selvatico, affidandolo a conoscenti che lo desideravano, faceva balzi fulminei per afferrarlo a mani nude. Alcuni miei amici se ne ricordano ancora: “Tua madre, che agilità, che tempra!”.

  • Accettava l’uso della forza per necessità, ma non sopportava che si infierisse sulle vittime. Detestava la menzogna e insegnava ai suoi figli la pratica della sincerità, senza fanatismi.  Sebbene non fosse esente da difetti, la sua onestà e la sua Fede le permettevano anche nei momenti più difficili di anteporre a tutto l’Intelligenza del Cuore.  In tarda età, durante i nostri incontri, mi interrogava sul cammino illuminativo, radicato nel Sanatana Dharma, che avevo abbracciato. Non mi stupiva che comprendesse tutto. La metafisica orientale non la spaventava. L’immanente trascendenza di Dio era per lei di facile assimilazione. Nemmeno la necessità del linguaggio anfibologico per esprimere verità metafisiche la metteva in difficoltà. Tuttavia, al momento del commiato mi raccomandava puntualmente di andare a Messa e di fare la Comunione.  Stramalediceva con convinzione i pusillanimi, i disonesti e i delinquenti, pur non odiando nessuno. Sono diventato un po’ più buono, sentendomi ripetere da lei che ero buono. Lesse le vite di grandi santi cristiani mentre mi portava in grembo.
  • Compresi il vertiginoso ideale sacrificale delle mataji indiane e la venerazione per Parameshwari, la suprema dea creatrice, attraverso il suo esempio. Da donna autentica, dava parimenti risalto alla dignità dell’uomo e alle sue qualità peculiari. Di certo non avrebbe minimamente apprezzato le teorie gender che oggi alcuni sedicenti progressisti pretendono di insegnare nelle scuole.  Ebbi la grazia di starle vicino nelle sue ultime ore. Il marito piangente da un lato e, dall’altro, il figlio maggiore che le teneva una mano. Al momento del trapasso si sollevò a sedere all’improvviso, gli occhi sgranati in un immenso stupore. Che cosa vide?
  • Non vado mai al cimitero dov’è sepolta. Là non c’è nessuno. Per me lei è Qui, nell’istante presente - ove nella coincidenza tra passato e futuro si apre una sottilissima porta oltre il tempo - ad ispirare le generazioni. Eppure era una semplice madre, eroica, come molte ce n’erano in Italia nella prima metà del secolo scorso, una donna risolta nel Divino che ci permea nel Cuore.  Alain Daniélou, allontanatosi dall’India per non vederne lo scempio perpetrato dalla modernizzazione, si stabilì in Italia centrale attratto dalle sue madri che gli ricordavano quelle indiane.   Mio padre e mia madre ora sono le radici di questo ormai vecchio albero dal quale - come il tradere ingiunge - sono scaturiti alcuni frutti e semi nel sovrasensibile: argini al dilagare del disordine contemporaneo, cui s’attaglia alla perfezione la felice espressione platonica di “pantano barbarico”.