• Gesell

  • Autodifesa contro le banche
  • Gesell e l’ordine economico naturale
  • di
  • Giovanni Sessa

  • Keynes, uno dei più noti economisti del Novecento, durante gli anni del Secondo conflitto mondiale, dichiarò di sentirsi vicino alle posizioni che, in tema di politica monetaria, fin dai primi anni Venti, erano state sostenute da Silvio Gesell. Le sue teorie economiche rappresentano oggi un punto di vista imprescindibile con il quale confrontarsi, per quanti non si riconoscano nelle scelte mercatiste imposte dal globalismo liberista. Non fu un economista accademico, ma da mercante e allevatore sui generis qual era, fu attento osservatore della realtà storico-sociale del suo tempo. Colse, prima e meglio di altri, la contraddizione di fondo del capitalismo della prima metà del secolo XX: di fronte all’ampliarsi senza precedenti dell’abbondanza di beni, indotto dall’espansione delle forze produttive, quella realtà economica faceva registrare una ineguale distribuzione della ricchezza. Fin dal 1890, negli Usa, motore propulsivo della Forma-Capitale contemporanea, il 50% della ricchezza nazionale era nelle mani dell’1% della popolazione. Povertà diffusa, quindi, e concentrazione del denaro nelle mani di pochi. Fin da allora si annunciava l’irresistibile ascesa della Nuova Classe, espressione della finanza transnazionale, che oggi domina il pianeta.  A riportare l’attenzione sulle soluzioni proposte da Gesell, al fine di superare l’impasse economica con la quale si confrontò, è un suo libro, Autodifesa contro le banche, nelle librerie per OAKS editrice (per ordini: info@oakseditrice.it, pp. 79, euro 10,00).  Il testo è impreziosito da un saggio di Silvano Borruso e dall’Introduzione di Hugo R. Fack. Sostanzialmente, si tratta dell’Apologia che l’autore scrisse per difendersi di fronte al tribunale speciale per essere stato Ministro delle Finanze della Repubblica Sovietica di Baviera, insediatasi al potere nell’aprile del 1919. Gesell non fu né comunista né socialista, tanto che, in queste pagine, si può leggere: «Per molti anni, i miei insegnamenti sono stati insabbiati, perché mettevano a disagio i ricchi, i capitalisti e i socialisti […] Dobbiamo disimparare ciò che abbiamo imparato» (pp. 16-17). Accettò l’incarico di ministro, perché il suo mentore negli ambienti della Repubblica era Niekisch, esponente nazional-bolscevico della Rivoluzione conservatrice, che si fece garante della realizzazione del suo programma. In realtà, il tempo non gli fu sufficiente ma, in poco meno di un mese, elaborò un programma di riforme radicali, che presentò al popolo di Baviera. La riforma monetaria e quella fondiaria avrebbero dovuto realizzare l’Ordine Economico Naturale.
  • Di che si trattava? Bisognava, innanzitutto, spezzare i monopoli sulla terra e sul denaro, realizzando «moneta franca» e «terra franca». Con la nascita della Banca d’Inghilterra nel 1694, lo Stato aveva perso il signoraggio sulla moneta: la medesima situazione si era ben presto realizzata ovunque in Europa e nel mondo: era, pertanto, fondamentale restituire tale prerogativa all’autorità statuale e sottrarla ai privati, affinché ogni atto economico tornasse a perseguire, aristotelicamente, il bene comune. Con Proudhon, Gesell, sapeva che la vera ricchezza di un popolo è data dal lavoro, dalle sue capacità produttive e creative, non dal possesso di denaro e oro. Ciò che offre effettiva copertura al denaro, non è la sua convertibilità aurea o in altri metalli preziosi, ma la sua funzione di scambio. Il denaro, a differenza delle altre merci, che deperiscono nel momento dello stoccaggio, non è deperibile. Per cui, in Baviera nel 1919, sarebbe risultato dirimente, per uscire dalla crisi: «sostituire il denaro congestionato con della moneta ‘deperibile’ che non poteva essere risparmiata e che richiedeva un’affrancatura periodica per mantenere il valore nominale» (p. 29). Ogni surplus monetario doveva essere immediatamente reimmesso sul mercato, salvo, in caso contrario, andare incontro a giuste ammende da parte delle autorità competenti. Il «denaro franco o libero» è tale perché prescinde dall’interesse. L’interesse bancario è il mistero che si cela dietro il «feticismo del denaro», che domina l’epoca moderna.
    Tale enigma era stato svelato da un altro economista «eretico», il Maggiore Douglas, a cui guardò con interesse per l’elaborazione delle sue tesi economiche Ezra Pound, nel teorema che porta il suo nome. Se con A indichiamo il capitale e con B l’interesse sul capitale creato dalla Banche, ne consegue che A sarà sempre una quota minore di A+B. Da ciò la necessità, a cui noi tutti siamo costretti, di ricorre a C, nuova quota di capitale necessaria per pareggiare A+B, in un processo destinato a non concludersi. E’ così spiegato il meccanismo dell’usura che pervade l’economia moderna e che ci tiene vincolati al Regno della quantità, e dal quale è necessario liberarsi, attraverso il ritorno al signoraggio sulla moneta. Tale tesi, nella seconda metà del secolo XX, fu riproposta da Auriti, altro economista non ortodosso inascoltato, con il suo Simec, moneta deperibile. Gesell aveva, inoltre contezza, che la riforma monetaria doveva accompagnarsi alla riforma fondiaria. L’affitto dei terreni avrebbe dovuto essere trasferito nella mani della comunità, della nazione, pagando ai proprietari una compensazione in obbligazioni terriere. E’, infatti, nel legame con la terra nella quale siamo nati, che noi riceviamo l’eredità imprescindibile, «verticale», consistente, nell’esser «già lì» dei nostri antenati: la Tradizione. Essa si somma alla nostra capacità realizzativa, «orizzontale», che dà luogo, in un’elaborazione originale del passato, al tradere, alla trasmissione del sapere ereditato, della nostra identità, ai venturi.
  • Le parole accorate e chiare dell’Autodifesa di Gesell gli valsero l’assoluzione. Nonostante ciò, ad oggi, il suo messaggio comunitario, è rimasto inascoltato. Hitler, pochi anni dopo l’esperienza della Repubblica bavarese, volle difendere la sua irresistibile ascesa verso il potere, da eventuali contaminazioni geselliane. Aveva compreso che molti aderenti al nazional-socialismo erano sensibili a tali suggestioni ideali, e ostracizzò Gesell. Riteniamo, al contrario, che le parole del volume che abbiamo presentato e, più in generale, le tesi dell’Ordine Economico Naturale, siano da meditare in quanto, come rilevato da un altro studioso della scienza triste degli anni Trenta, Montgomery Butchart, le eresie del presente possono trasformarsi nell’ortodossia di domani.