• Bachofen paesaggi dellItalia centrale

  • Bachofen e l’Italia
  • di 
  • Giovanni Damiano
  • (da Barbadillo 14.04.2019)
  • Nel 1933 Viaggio in Armenia di Osip Mandel’štam viene recensito sulla Pravda. Il poeta è accusato di non aver “scritto nemmeno un rigo sul presente”, insomma di non aver visto “l’Armenia che si sviluppa con un ritmo impetuoso costruendo felicemente il socialismo”. Non è impresa da poco condensare in appena un rigo tre parole chiave del lessico ideologico comunista (sviluppo, felicità, costruttivismo). Molto più semplice è invece convenire col recensore.
  • In effetti ha ragione. Mandel’štam ha visto tutt’altro: “l’immobilità dell’acqua lacustre a un’altezza di quattromila piedi”, lo “sfrontato incendio dei papaveri”, “interi giacimenti di fragole selvatiche”, la “dolce terra rossastra”, “l’antidarwinistica natura” dell’Armenia, e così via. Sino alla sconfessione più totale: “nel mondo la pianta è un evento, un avvenimento clamoroso, una freccia, e non il noioso, barbuto sviluppo!”.
  • Se ora andiamo a ritroso nel tempo, per la precisione al 1851, e scorriamo l’opera dedicata da Johann Jakob Bachofen ai Paesaggi dell’Italia centrale (Edizioni di Ar, 2019), ci accorgeremo subito della parentela spirituale che la lega a quella di Mandel’štam. Anche il sapiente di Basilea guarda con occhi inattuali. Pur con qualche occasionale rimando a vicende a lui vicine, è il Lazio degli antichi a mostrarsi in queste pagine, per chi ha occhi per vederlo s’intende. Mancano anche le concessioni al trito rituale antropologico del Grand Tour, o i riconoscimenti di prammatica alle bellezze artistiche dell’Italia (a scelta, magnogreca, romana, medievale, rinascimentale, eccetera). Piuttosto, ecco i passi decisivi: “nessuna parte d’Italia può misurarsi con il Lazio per augusta gravità…Esiste una natura…che tramite l’armonia del suo apparire, la semplicità e la severità delle sue linee abitua lo spirito alla disciplina e… sottomette la forza sensuale di un popolo a una superiore legge spirituale. Di tale specie è la regione attorno a Roma, e tale fu anche la sua antica popolazione” (p. 43). Ma - lo nota Umberto Colla nella sua bella prefazione -, a venirci incontro da queste pagine bachofeniane non è tanto Roma, quanto i popoli vicini, quei popoli italici su cui sempre le Ar, quasi a voler comporre un ‘dittico’, hanno da poco pubblicato un’opera altrettanto superba (Gli antichi Italici, di Giacomo Devoto).