Maurras


  • Maurras e l’avvenire dell’intelligenza
  • Un pamphlet attualissimo
  • di
  • Giovanni Sessa

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  • Ernst Nolte, nella notissima definizione idealtipica dei fascismi europei, individuò nell’Action Française di Charles Maurras, il volto cattolico, monarchico, propugnatore del ritorno ad un’età organica, medioevaleggiante, come nel modello indicato da Comte, della destra europea all’inizio del XX secolo.   Maurras, oltre che politico apprezzato, fu intellettuale raffinato, penna sublime, tanto che Marcel Proust sostenne pubblicamente che lo scrittore godeva della sua massima riconoscenza ed ammirazione, in quanto: «mi offre nei suoi libri le gioie infinite di un tempo».  Il tempo felice cui l’autore della Recherche allude, coincide con l’età pre-rivoluzionaria.  Allora la nobiltà aveva contezza di se stessa e reggeva le sorti politiche del paese ‘luigino’, quale vertice della società tripartita. Nella poliedrica produzione maurrassiana, spicca, per arguzia critica ed estrema attualità, un pamphlet, pubblicato per la prima volta nel 1905, L’avvenire dell’intelligenza, da poco edito, in seconda edizione, dalla OAKS (per ordini: info@oakseditrice.it, pp. 116, euro 12,00). Questa nuova edizione è arricchita dalla Prefazione di Andrea Tremaglia e dall’Introduzione di Sebastiano Caputo.
  • Quale l’importanza dello scritto? E’ presto detto: Maurras parlava agli uomini del suo tempo, ma in realtà ciò che descriveva si è realizzato pienamente soltanto nella nostra epoca. Egli, infatti, presentava, attraverso una ponderata riflessione storica: «il progressivo asservimento degli intellettuali nella Francia post-rivoluzionaria dominata dai ‘potentati del denaro’» (p. 13). Da allora, l’uomo di lettere, il libero pensatore, è stato tale solo di nome, non di fatto. Maurras, sostanzialmente, sosteneva che dopo le gloriose giornate del 1789, nacque un’industria culturale, spesso acritica, ed asservita alla borghesia industriale, classe di riferimento della nuova realtà politica. I nuovi chierici furono rappresentanti, a tutti gli effetti, del paese legale, al quale iniziò a contrapporsi le petit peuple (il ‘popolaccio incolto’, legato, nell’espletamento della propria funzione sociale e nel soddisfacimento dei propri bisogni, ai ritmi naturali e alla liturgia del cattolicesimo romano), il paese reale, in nome del quale i rivoluzionari sostenevano di essere insorti, ma che in realtà, dai nuovi padroni, ottenne solo il disprezzo.
    I chierici del progresso, divennero una vera e propria sottoclasse, che agiva all’interno dell’élite borghese. Quest’ultima era fondamentalmente composta da avvocati, giudici, notai, commercianti e uomini di cultura, che si distingueva dal resto della popolazione per ricchezza ed educazione. La lettura che della realtà post-rivoluzionaria fornisce Maurras, ricorda Caputo, è sintonica con quella di Georges Sorel: per questo i loro discepoli fondarono, nel 1912, il Circolo Proudhon, che proponeva una sintesi politica di nazionalismo e socialismo. Maurrassiani e soreliani rifiutavano la democrazia parlamentare sorta dopo il 1789, il marxismo ortodosso, il liberalismo, l’internazionalismo sradicante e valorizzavano lo slancio eroico, il mito ed il vitalismo. Il nemico comune era individuato nel Regno dell’Oro, che aveva sostituito la logica del dono prevalente nella comunità dell’Ancien Régime. Maurras comprese, già nel 1905, che la battaglia degli anni decisivi sarebbe stata quella che contrapponeva l’Oro al Sangue. Gli intellettuali, in gran parte, erano asserviti alla nuova divinità, il loro era diventato un ‘lavoro’ alle dipendenze dei nuovi padroni.
    Compito precipuo della sottoclasse era la creazione, la manipolazione dell’opinione pubblica, far circolare idee che fossero in grado di indurre la piena accettazione dei valori del nuovo ceto. Bisognava sbarazzarsi dell’orpello della Tradizione, ‘liberare’ l’uomo dal pregiudizio e dalla superstizione. Per ottenere che cosa? Un’alienazione di grado superiore e maggiormente pervasiva, quale quella che siamo costretti a subire nella realtà contemporanea, in cui homo vacuus e liquidità svolgono il ruolo di protagonisti indiscussi. Infatti, Maurras rileva: «Si può assassinare il potente che abusa: l’Oro sfugge alla designazione e alla vendetta» (p. 25). Il tradimento dei ‘chierici’ ha reso definitivamente silenti i ceti sociali già senza voce. Oggi, nella società mercuriale e della connessione alla Rete, tale tradimento ha assunto carattere esplicito. Come rileva Tremaglia: «l’intelligenza è ormai (solo) un lavoro ed è sottoposta alle regole di mercato, con buona pace del sogno libertario di Internet» (p. 9). Il web è stato colonizzato dal politicamente e dall’intellettualmente corretto, certifica il trionfo della mercificazione universale della vita attraverso la pubblicità eterodiretta, i clic e i ‘mi piace’.  Le regole di mercato impongono pezzi che divertano, eccitino, facciano arrabbiare.
    Tanto, alla fine, le notizie-truffa saranno sempre attribuite a chi tenta di abbattere i confini del senso comune. Oggi sono prevalentemente affibbiate ai populisti, domani chi sa a chi…Ci auguriamo che, L’avvenire dell’intelligenza di Maurras possa far comprendere quanto indispensabile sia, in questi tempi, il ritorno all’esercizio dell’intelligenza critica, al fine di demitizzare la menzogna sulla quale è costruita la società attuale: la continua elusione della realtà, esito del perfettismo modernista. Oltre i confini del globalismo, della dismisura e dello sconfinamento, sta la Patria a cui alludeva Maurras, la casa in cui è possibile per l’uomo, per dirla con Heidegger, abitare poeticamente. Essa è La Tradizione. Perché ciò avvenga, sarà necessario liberaci dei chierici che, in Francia, hanno creato dal nulla, un’aura politica carismatica a Macron, ‘l’uomo che ha sposato sua madre’. Ad un uomo del ‘popolaccio’, tale ‘particolare’ sarebbe bastato per ridicolizzare, con una sonora risata, la menzogna mediatica costruita ad hoc per truffarlo.  Sarà una risata che li seppellirà…