• Pessoa

  • Gli scritti politici di Pessoa
  • Il fascismo visionario e utopico dello scrittore portoghese
  • di
  • Giovanni Sessa
  • Fernando Pessoa è uno dei grandi nomi della letteratura del Novecento. Della sua eteronimia, dello stile centrato sul frammento sono stati scritti, dopo il ritrovamento dei manoscritti inediti nel «baule delle meraviglie», centinaia di volumi.  I critici hanno però trascurato i saggi di carattere politico del pensatore lusitano, in particolare in Italia. La cosa non è stata casuale: queste opere attestano ineluttabilmente che Pessoa va ascritto alla consistente pattuglia degli intellettuali europei che, tra le due guerre, subirono la «fascinazione fascista».   Lo conferma la recente pubblicazione di, Politica e profezia. Appunti e frammenti 1910-1935, ad opera della Bietti editrice per la cura di Brunello De Cusatis (per ordini: 02/29528929, euro 24,00, pp. 376).
  • Dal punto di vista stilistico, anche in queste pagine, Pessoa conferma di essere uno dei massimi rappresentanti del genere della scrittura incompiuta, di quegli autori cioè che ebbero contezza che la totalità può essere detta solo dal frammento, in quanto la vita si dà solo nelle determinazioni, nelle singole presenze.  Il portoghese, inoltre, anche sotto il profilo esistenziale, visse la lacerazione dolente quale tratto consustanziale della propria personalità.  Anche per quanto attiene agli scritti politici è bene muovere da questo tratto connotante  l’intera  produzione pessoana.   L’intento del curatore, noto lusitanista, da tempo dedito alla studio e alla pubblicazione dei lavori di Pessoa, è di: «contribuire [...] a rimuovere il velo che per tanti anni in Italia era stato steso sul Pessoa cattivo e impubblicabile» (p. 12). Allo scopo, De Cusatis, nell’Introduzione, è costretto a mettere i puntini sulle i, a dare risposte chiare a chi, a partire dagli anni Novanta, lo accusò di aver sforbiciato i testi del portoghese, al fine di presentarlo come intellettuale filo-salazarista.  Tra tali critici, si distinse Antonio Tabucchi, alle cui obiezioni, non sempre garbate, e centrate fondamentalmente sull’accusa che l’esegesi  di De Cusatis fosse poco  oggettiva  e  nient’affatto scientifica, il curatore fornisce risposte inoppugnabili, basandosi sui testi, non smentibili, di Pessoa.  Anzi, in più di un’occasione, corregge le «inesattezze» filologiche di Tabucchi che, tra le altre cose, confuse la rivista italiana «Futuro presente» con l’omonimo periodico portoghese, di tutt’altro indirizzo ideologico, e giunse a definire la casa editrice austriaca Katrolinger filo-nazista, mentre il suo orientamento ideal-editoriale era semplicemente conservatore. Ma entriamo nelle vive cose del libro. Nel 1905, dopo nove anni di permanenza in Sudafrica, Pessoa si stabilì definitivamente a Lisbona. Con la proclamazione, nel 1910, della Repubblica, lo scrittore iniziò, fino al 1935, anno della morte, ad occuparsi delle sorti politiche del Portogallo, come attestano gli scritti contenuti nel volume.  Tali testi sono raggruppati in sei sezioni, ognuna delle quali divisa in sottosezioni. Sia le une che le altre sono state ordinate e titolate per temi dal curatore e disposte secondo la successione cronologica.  Al fine di agevolare la lettura, ogni sezione è preceduta da una nota esplicativa contestualizzante gli scritti.  Cosa emerge dall’analisi di queste pagine? Quali erano le reali intenzioni politiche dello scrittore? La cosa certa è che Pessoa visse fino in fondo la «tentazione fascista». A ciò fu indotto dalla constatazione che, di fatto, non esisteva, a suo giudizio, una politica vera, ma solo una: «politica utile» (p. 43). Lo affascinò non poco, anche alla luce del suo realismo, l’estetizzazione  della  politica, per dirla con Walter Benjamin, che i fascismi stavano realizzando. Da un punto di vista ideale negli scritti in questione si evincono facilmente gli anti quanto i pro di cui   Pessoa si fece latore.   Egli fu  anti comunista e anti socialista, osteggiò i processi di democratizzazione accusati di omologare le intelligenze, fu critico aspro del partitismo, atto a far emergere, senza più possibilità di un suo contenimento, lo spirito plebeo, per non dire del suo scetticismo nei confronti del perfettismo rivoluzionario.   In molti aforismi emerge una distanza abissale rispetto al cattolicesimo, sia esso modernista o tradizionalista, in quanto ogni forma di universalismo è per definizione monocratica, mentre Pessoa, rispetto alla vita, muoveva da un​ atteggiamento nietzschiano e prospettivista. 
  • Questa la vera ragione dell’eteronimia letteraria. Fu, sostanzialmente, un convinto politeista, assertore: «di un neo paganesimo antiumanista di stampo germanico» (p.31), che influì non poco sulle sue scelte politiche.  Egli, in molti testi, difende il conservatorismo monarchico, l’aristocratismo, il nazionalismo messianico-sebastianista, il liberalismo in economia, l’anarchismo estetico-politico. In questo senso coglie nel segno Raul Morodo nel definirlo: «un anarchico utopistico di destra» (p. 21). Era, infatti, fermamente convinto che, nel corso della storia, non vi era stata: «riforma sociale che non sia partita da un uomo di genio. Da questo passa a una piccola minoranza [...] fino ad allargarsi alla società intera» (p. 240).  Questo il compito che affidava al fascismo ma che, in qualche modo, vide tradito dal salazarismo, che aveva realizzato una: «conversione del corporativismo  [...] in nazionalismo statista antiindividualista» (p. 27). Le poesie anti-salazariste di Pessoa, scritte nel 1935, furonol ’esito di tale delusione, aggravata inoltre dalla mancata assegnazione del premio di prima categoria al componimento Mensagem, che conquistò il riconoscimento di seconda categoria. Fino al 1934, nei suoi scritti il pensatore  luisitano,  esaltò le doti di Salazar: «uno spirito eccezionalmente lucido, una volontà forte in tutto» (p. 28).   Se di «fascismo» pessoano si deve parlare, esso va letto in stretto legame con una visione religiosa della  vita,   improntata su  un profetismo messianico di matrice sebastianista. Al centro di tale progetto sta l’individuo di genio, visionario, capace di riassumere in sé  l’ethos del popolo cui appartiene e di attualizzarlo nell’azione.  Quindi, l’utopia «fascista» di Pessoa dice di un uomo atto a ricongiungersi  con   il   precedente   autorevole   del   mito   al fine   di   determinare  un Nuovo Inizio europeo.  Se qualcuno è pronto a tanto, risponda all’appello lanciato dall’intellettuale portoghese ormai molti decenni fa.