• Meyrink Alle frontiere dellocculto

  • Gustav Meyrink e l’esoterismo
  • Un’importante raccolta di scritti in tema
  • di
  • Giovanni Sessa
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  • Molti sono i lettori appassionati di Gustav Meyrink. Pochi tra essi, però, hanno avuto la possibilità di scandagliare in profondità le fonti sulle quali lo scrittore ha costruito i suoi capolavori narrativi. Ci riferiamo a Il domenicano bianco, Il volto verde, La notte di Valpurga, per non citarne che alcuni. Il vuoto è ormai colmato. E’, infatti, nelle librerie il volume, pubblicato dalle Edizioni Arktos, "Alle frontiere dell’occulto. Scritti esoterici (1907-1952)", curato da Gianfranco de Turris ed Andrea Scarabelli (per ordini: edizioniarktos@yahoo.it, euro 26,00). Il testo racchiude due antologie di scritti di Meyrink ormai introvabili, Alle frontiere dell’Aldilà e Il Diagramma magico, un saggio contestualizzante di Piero Cammerinesi, ed è impreziosito da tavole di Danilo Capua che rende un omaggio pittorico allo straordinario scrittore. I saggi che compongono la silloge, così come le Appendici epistolari, mostrano come l’interesse per l’esoterismo e l’occulto abbia accompagnato Meyrink, nel corso dell’intera esistenza.

  

 

  • Ricorda Cammerinesi come, dopo gli studi di indirizzo economico, il futuro letterato fondasse una banca assieme ad un nipote del poeta Bruno Morgestren. Nello stesso frangente, il giovane condusse una vita superficiale, incapace di soddisfare i suoi bisogni più profondi. Ciò determinò l’insorgere in lui di un senso di disagio ed insoddisfazione che lo condusse alle soglie del suicidio, ma, proprio mentre si accingeva a mettere in atto l’insano proposito, qualcuno fece “scivolare sotto la sua porta di casa degli scritti di occultismo” (p. 298). Da quel momento la vita dello scrittore cambiò: fu interamente orientata, non solo alla creazione letteraria, ma indirizzata alla realizzazione del risveglio. I suoi libri più noti, non sono altro che trascrizione di esperienze iniziatico-realizzative: pertanto, scopo della produzione meyrinkiana è suggerire, ai lettori, la possibilità della liberazione. Una letteratura esposta all’ignoto. Ciò, come ricorda Scarabelli nell’Introduzione, ha pesato non poco sui giudizi riduttivi di certa critica di impianto accademico nei confronti del nostro. A partire da Alberto Spaini, Eco e Magris, che hanno ridotto il mondo fantastico di Meyrink a puro divertissement. Fortunatamente, sulla scorta del giudizio positivo espresso, tra i primi, da Massimo Scaligero, altri, più accorti e consapevoli esegeti, hanno colto la grandezza dell’austriaco. Tra essi Jung, Evola, Zolla, Scholem, De Turris, studiosi interessati al sacro e alle sue manifestazioni.

 

  • In un’intervista, Meyrink stesso, ha ricordato il proprio interesse esoterico. Egli si occupò di teosofia e antroposofia, di parapsicologia, Misteri e Gnosi. Si badi! Come ricorda in Prefazione De Turris, il filo conduttore del volume è dato dalla condanna del falso occultismo, dei “falsi guru, santoni, medium, maestri che allora imperversavano” (p. 8), e, d’altro lato, dalla volontà di indicare i veri sentieri realizzativi che avrebbero potuto condurre al risveglio. In tal senso, gli scritti della silloge sono davvero consonanti con la condanna di molte forme dello spiritualismo contemporaneo, espressa da Guénon ed Evola. In ciò è da rilevarsi il tratto attuale del volume: nella società del XXI secolo, l’‘apocalisse demoniaca’ denunciata da Meyrink è dato di fatto incontestabile, vista la recrudescenza della New Age e di fenomeni ad essa correlati, pur avendo assunto tratti diversi rispetto a quelli con cui si confrontò il narratore. La conoscenza delle problematiche iniziatiche, non rimase per il narratore solo teorica. Egli partecipò alla fondazione della Loggia della Stella blu, successivamente fu membro della Societas Rosicruciana in Anglia, per non parlare della sua adesione all’Ordine degli Illuminati.

 

  • Dagli scritti si evince che risulta prioritario, ai fini di una comprensione dei fenomeni esoterici, il superamento dello sguardo materialista, e perciò limitante, prodotto dalla cultura dominante. E’ necessario acquisire l’occhio assoluto, anche rispetto alla temporalità. Solo in tal modo, come nota Scarabelli, riferendosi alle posizioni di Locchi e Culianu, si comprenderà come le strutture cognitive magico-rituali, non appartengono al passato, non siano confinate in un’epoca storica definitivamente collocata alle nostre spalle, ma possano riemergere e riaffermarsi in ogni età, in quanto espressione di un soggetto per il quale la magia è disciplina concreta. Meyrink era uomo di tal fatta. In tal senso, con Patapievici, esegeta dell’opera di Culianu, si può sostenere che “la magia è uno strumento di conoscenza, una tecnica di investigazione del mondo e una scienza teoretica in senso forte” (p. 22).  Il nostro autore, come si evince in diversi scritti della raccolta, comprese che il luogo della contrapposizione di occulto e reale va rintracciato nell’Io.  E’ questi che sperimenta e vive la realtà in modo limitato e parziale o, al contrario, in termini assoluti.
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  • Il principio vive accanto a noi e in noi, non trascende la vita ed il mondo. Pertanto, pur trattandosi di un cammino arduo da compiere, discreto e appartato, non si tratta di lasciarci alle spalle il mondo, la realtà, ma di iniziare a guardarla, a comprenderla, con altri occhi. Il doppio sguardo consente a chi “ha preso possesso dell’interezza del proprio Io” (p. 29), di percorrere ascendendo o discendendo i diversi piani della realtà. Questa la Via, che i romanzi dell’austriaco dicono presente nelle tradizioni d’Oriente e d’Occidente. Radicalmente altra dalle aperture verso il basso indotte dalle pratiche dello spiritismo, della teosofia e dei loro derivati, tipici segni dei tempi ultimi. L’universo meyrinkiano è aperto sia in senso orizzontale che verticale. Per sperimentare l’ascesa è necessario attuare il cambio di cuore: l’io deve divenire Re, Sé.  Meyrink, in particolare negli ultimi scritti della silloge, ci invita a trarre insegnamento dalla dimensione onirica, dalla vita fantasmatica, simbolica, che essa testimonia. Nello stato del sonno profondo, contrapposta alla dimensione illusoria e molteplice del reale, sgorga la sacra sorgente. Tacitiamo la sete con le sue acque ristoratrici, il loro gorgoglio, sembra ripetere la chiusa del Sogno di una notte di mezz’estate di Shakespeare: “Siam fatti della sostanza dei sogni”.