Categoria principale: RUBRICHE EDITORIALI
  •  ROTOLI CORTI
  • (Volumina)
  • DISPONIBILI:
  • 2 Rotolo astuccio aperto con scritta
  • nella foto si vede il contenitore "Rotolo-Astuccio" aperto ed il contenuto interno:  "Preghiera ad Helios Re" di Giuliano Augusto... 
  •  ...il cilindro di legno ha un ritorno a molla  della sezione del cilindro di chiusura per  comodità e velocità d'apertura e chiusura
  • ed un blocco  rimuovibile (volendo tener ferma la carta),  visibile nell'immagine in basso a sinistra.

DISPONIBILI:

  • - Il tricolore. Simbolo e logos,  di Sandro Giovannini.
  • L'Altare della Vittoria, di Quinto Aurelio Simmaco, a cura di Sandro Giovannini
  • - Origini e labirinti,  di Sandro Giovannini.
  • - Omaggio  Catullo, di Edoardo Sanguineti,
  • con nota di Franco Brioschi, a cura di S.G.,
    • - Quarto d'ora di poesia della Decima Mas, di Filippo Tommaso Marinetti,
    • con intr. di Benedetta, a cura di S.G..
    • ***
    • - Il giudizio di Pilato, da Marco, *
    • - Canto CXVI, di Ezra Pound,  *
    • - Preghiera ad Helios Re, di Giuliano Augusto *
    • * i precedenti tre rotoli - A RICHIESTA - possono essere anche inseriti nel Rotolo- Astuccio  (=contemitore  cilindrico in legno)
    • ***
      • (Comunque tutti i precedenti Rotoli-corti esclusi  quelli inseribili nel Rotolo Astuccio   (=contemitore  cilindrico in legno)
      • sono racchiusi in un CARTONCINO SEMIRIGIDO CILINDRICO di carta pregiata 
      • ..a seguire caratteristiche specifiche di tali rotoli corti)

 

 


  • "IL TRICOLORE, SIMBOLO E LOGOS"
  •  di
  • Sandro Giovannini

RotoloCortoIlTricoloreSimboloeLogos 2

(ROTOLO corto: Il Tricolore, simbolo e logos, di S.G.

 

  • Il simbolo del “tricolore” viene prima del logos del “tricolore”. Perché il simbolo è plurivalente e contiene in sé una potenzialità di possibili e di compossibili. Il logos ne può essere un tentativo, poi, di esplicitazione, ma, nel sceverare la complessità inesauribile del simbolo, porta ad una frammentazioni di significati e di significanti, a possibili successive interpretazioni, di cui molte sicuramente legittime ed assieme divaricanti. Nel simbolo invece c’è ancora tutta la potenza, inespressa ma inesauribile, degli universi di riferimento ontologici, confessionali, mitici, filosofici, astrologici, rituali, emozionali, materiali e quindi comunicazionali.
  • Quando, ad esempio, ovviamente a contrariis, e quindi risalendo la scivolosa ripa del tempo, cerchiamo disperatamente d’intuire prima e di comprendere poi, perché il 3 agisca (anche) nel campo del colore e ne troviamo barlumi di senso nel mondo a noi ancor noto del rapporto con l’universo astrologico, con la fascinazione del mutamento e del suono promanante dall’interagire dialettico dell’Unità e della Dualità, e poi, in mille esempi, nell’esperienza del mondo e del tempo, tra loro comunque collegati, nel campo del Sacro, dell’eroico, del sacrificio, del gioco, della rivoluzione, del ritorno all’ordine… allora cominciamo ad intendere che il simbolo può da noi essere ritradotto in logos ma, nella trasposizione, mille valori si aggiungono e mille si possono ottundere.
  • Resta che tale simbolo, unisce e ricostituisce in noi, proprio nella nostra ragione ritrovata ma consapevole delle mille “irragioni”, che non potremmo né disperdere né superficialmente portarci appresso nella nostra quotidiana esperienza se non come viatico e luce di vita, una unità (tale è - anche - la sua funzione), attraverso la quale, tale simbolo è caro, è bello, è potente.
  • “…E cioè screziato con i tre tipici colori trifunzionali degli Indoeuropei (bianco, rosso e verde - o nero o azzurro-)” …     “…gli stessi tre colori caratterizzano l'arcaico rito dell'evocatio ittita…” (Basanoff, Evocatio, Paris 1945, pp. 141, G. Dumézil, Rituels Indo-Européens à Rome, Paris 1954, pp. 45-55)…
  • “… Merita comunque di essere ricordato che anche gli Ittiti ricorrevano a formule rituali che presentano singolari analogie con quelle dell'evocatio romana. Era infatti costume presso quel popolo di invitare gli dèi della città assediata ad abbandonarla da tre vie, contraddistinte dal colore bianco, rosso e blu…” (G. Furlani, La religione degli Ittiti, Bologna, 1936, pagg. 223-227).    Cosa che suppone - rileva opportunamente il Dumezil - “…una classificazione degli dèi di tipo indoeuropeo, con gli stessi colori simbolici delle tre funzioni sociali sia presso gli Indiani che presso gli Iraniani…” (G. Dumézil, cit., pp. 45-51). L'autore rammenta che, nel mondo indù, Agni, il dio del fuoco, a causa della sua triplice natura, poneva in contatto i tre piani del Cosmo; favorendo la «discesa» degli dèi e l'«ascesa» delle preghiere e dei sacrifici degli uomini, in quanto «conosceva la strada ed i sentieri» divini (“nero, bianco e rosso”, Rig Veda, X, 98 55) che egli percorreva con il suo carro (Rig Veda, I, 31, 17; VI, 16, 2-3; VII, 10, 4).    Tale funzione intermediaria di Agni e del suo carro deve, ovviamente, porsi in stretta relazione con quella rivestita da Giano e dalla sua nave nel mondo romano. …
  • …Comunque presso gli antichi era diffusa la convinzione secondo la quale essi potevano condizionare e quindi piegare alla propria volontà anche le divinità più riluttanti. L'evocatio era quindi un rito attraverso il quale i Pontefici, coadiuvati dal capo dell'esercito, pronunciando una formula incantatoria (carmen), invitavano le divinità protettrici a trasferirsi a Roma. Con ogni probabilità, nei tempi antichi, la conoscenza e la designazione esatta della divinità con il suo nome arcano, (segreto ai più) insieme al carmen, costituivano l'elemento essenziale, l'ingiunzione irresistibile che avrebbe provocato l'abbandono delle divinità tutelari. …
  • Senza poter qui entrare nella complessa questione della tipologia delle folgori, ci limiteremo ad indicare che, secondo l’opinione comune, esse erano di tre colori: nere, bianche e rosse. Il Weinstock, tuttavia ha rilevato, non senza ragione, qualche imprecisione nel testo dello Pseudo Acrone, (Hor. Carm. I, 2, 1-4,: “omnes manubiae albae et nigrae pallida corruscatione esse dicuntur, Iovis rubra et sanguinea”) che evidentemente non era in grado di comprendere quanto diceva ed è giunto alla conclusione che il colore dovesse eventualmente dipendere dal suo archetipo planetario: infatti il rosso è tradizionalmente connesso con Marte e non con Giove, che sarebbe associato invece al bianco, rispetto al nero di Saturno. …Servio (Ad Ae., I, 335: “sciendum autem … de planetis quinque duos esse noxios, Martem et Saturnum, duos bonos, Iovem et Venerem, Mercurius vero talis est, qualis ille cui ingitur”. Altre conferme in Plinio (Naturalis Historia, II, 139) ed in Tolomeo, (Tetrabiblos, I, 5)…
  • Sulle ruote… ruote, ruota... a cui si continuò comunque a riconoscere nel tempo un potere di attrazione, nel senso di “incantesimo, attrazione, desiderio”… occorre soprattutto sottolineare l’importanza del movimento circolare e vorticoso nonché del suono stridulo o ronzante che provocherebbe la fascinazione (fascinus / fari/ fascis = azione magica intesa a circondare, avvolgere l’oggetto o la persona, con una fascia magica - anche - di suoni, circolare, spiraliforme, sia a fini apotropaici che paralizzanti, quindi sia a fini positivi che negativi), proprio a causa della loro ipnotica ripetizione. Non dovrebbe quindi sorprendere, in ultima analisi, che a Roma la captatio della venia deorum potesse avvenire anche attraverso le corse dei carri, che avevano all'origine un carattere magico ed astrale che gli stessi Romani, dell'epoca classica, tendevano a sottovalutare. (R. Schilling, Rites cultes, dieux de Rome, pag. 87; P. Wuilleumier, Cirque et astrologie, in “Mél. d’archeo. et d’hist. de l’Ec. Franç. de Rome, XLIV -1927, pag. 191; A. Piganiol, Recherches sur le jeux romains, Paris, 1923).  Le ruote dei carri avevano invariabilmente otto raggi come da simboli solari riportati ovunque, parapetti, balaustre, scudi, etc. e come attestano indiscutibilmente tutte le riproduzioni su marmo, ancora perfettamente visibili… Poi gli aurighi, in particolare, erano contraddistinti da diversi colori: bianco, rosso, verde, (e) blu. Gli eruditi, sottolinea acutamente il Dumézil, ritenevano tuttavia che alle origini i carri delle «fazioni», che gareggiavano per le singole tribù, e quindi i rispettivi colori, fossero tre soltanto in onore di Giove, Marte e Venere: bianco, rosso e verde. (G. Dumézil, Rituels…cit., pp. 51 55).   Sul tentativo fallito di Domiziano di aggiungere altri due colori, «porpora» e «oro», vedi Svetonio… (Svetonio, Domiziano, 7). Svetonio rammenta poi che Caligola era partigiano dei «verdi» (Cal., 56) rispetto a Galba e Vitellio che favorivano i «blu» (Vit.,7). Giovanni Lido (De magist., I, 47), oltre ad alludere alla tripartizione funzionale primitiva della società romana, aggiunge altresì (De mens. , IV, 30): «Quando il popolo romano fu diviso in tre parti, ciascuna di esse fu chiamata tribù... Tre carri, e poi quattro, partecipavano alla corsa. Gli uni erano russati, cioè rossi, i secondi albati, cioè bianchi, gli altri virides, cioè verdi, quelli che oggi chiamano prasini. Essi ritengono che i rossi appartengano a Marte, i bianchi a Giove, i verdi a Venere. Più tardi si aggiunse il venetum, il blu...».
  • Sulla tripartizione funzionale di Roma (ai Ramnes, Luceres e Tities, corrispondevano in origine rispettivamente i sacerdoti, i guerrieri e i produttori), oltre a Properzio, (Prop. IV, 1, 9-32), vedi G. Dumézil, Naissance de Rome, Paris 1944, pp. 86-127; G. Dumézil, Rituels, cit., p. 55. Vedi anche J. André, Etude sur les termes de couleur dans la langue latine, 1949, pp. 162.194; L. Gerschel, Couleur et teinture chez divers peuples indoeuropéens, in «Annales», XXI, 1966, pp. 608-631. Ancora Dumézil, s’intrattiene sul diverso carattere delle tre convocazioni: sacrale, militare e collettiva. Per un approfondimento sui tre colori, cfr. E. Wunderlich, Die Bedeutung der roten Farbe im Kultus der Griechen und Rőmer, in «Religionsgeschichtliche Versuche und Vorarbeiten», XX, 1, Giessen, 1925. Sui fila discolora, i fili a tre colori attaccati agli alberi, vedi anche Stazio, Theb., II, 737. p. 284.
  • È opportuno osservare però che il verde, oltre ad essere il colore caratteristico di Venere, era associato dall'autore bizantino Lido anche a Flora, accostamento questo che ne sottolinea, ovviamente, il carattere di divinità propiziatoria della fertilità dei campi, della città e, più in generale, della massa, un paredro femminile, quindi, di Quirino. È probabile che l'aggiunta del quarto colore, il blu di Saturno o Nettuno, debba attribuirsi al passaggio, alla fine della monarchia, da un sistema a tre tribù (funzionali) ad un sistema a quattro tribù (localmente distribuite). Il verde poi, nel mondo latino, si distingueva assai poco dal blu: il termine caeruleus, ad esempio, indicava sia il «blu» che il «verde» e talvolta adombrava persino un colore infernale, un sinonimo arcaico del nero (Servio, Ad Aen., VII, 198), tanto da indurre a ritenere che il terzo colore sia stato in effetti raddoppiato. I tre colori avevano tanta importanza a Roma, da apparire anche, in un altro contesto: quello delle bandiere: album, roseum, caeruleum, che venivano issate sul Campidoglio per convocare diversi tipi di riunioni popolari (comitia curiata, comitia centuriata, tumultus collettivo).   Favorendo quindi la corsa circolare o ellittica dei carri e lo sventolamento delle bandiere, s'intendeva incitare, con i rispettivi colori, gli uomini ed evocare gli dèi, per il benessere e la difesa dell'Urbe. A tal riguardo non sarà fuor di luogo ricordare che appare quanto meno discutibile l'opinione comune secondo la quale i colori della bandiera italiana sarebbero stati tratti - unicamente - dalla Massoneria (P. Cusani, Storia di Milano dall'origine ai nostri giorni, Milano 1861-1864, cap. VI, vol. V; in particolare, il libro dell'abate Larudan, Les Francs Maçons écrasés, suite du livre intitulé l'Ordre des Francs Maçons trahi, Amsterdam 1747, pp. 169-202 e, soprattutto, l'edizione italiana, I Liberi Muratori schiacciati - Origine dottrina ed avanzamento della setta filosofica ora dominante, Assisi 1793, pp. 140-161), o sarebbero legati - unicamente - al tentativo rivoluzionario di Luigi Zaniboni a Bologna ne1 1794. Il tricolore viene comunque adottato il 7 gennaio 1797 con la costituzione della Repubblica Cispadana e, dal Parlamento italiano, a Torino, il 17 marzo 1861. E’ evidente infatti come l'ispirazione del tricolore, che ammanta Beatrice, Dante (Paradiso, XXX, 28: «sovra candido vel cinta d'oliva // donna m'apparve, sotto verde manto // vestita di color di fiamma viva»...), l'avesse mutuata dal suo Maestro Virgilio che, nel descrivere l'Elisio (En., VI, 637 ss.), intreccia ripetutamente la luce purpurea con i verdi boschi e le candide bende... (vedi: Marco Baistrocchi, Arcana Urbis, Ecig, Genova).

 

  •  Carta pergamenata con chiusura rotolo in cuoio chiaro o pergamena naturale, a scelta.
  • Ia Ed. 100 esemplari numerati, 21 Aprile 2007.
  • II Ed. 100 esemplari numerati, 21 Aprile 2011.
  • Confezione in cartoncino elegante.

    • "L'ALTARE  DELLA  VITTORIA"
    • di Quinto Aurelio Simmaco
    • a cura di  Sandro Giovannini

 LAltare della Vittoria. 1 pagina

  • (1a pagina)
  • La relatio tertia o relatio de ara Victoriae di Simmaco, del 384, indirizzata all’imperatore Valentiniano II è contenuta nei codici di Simmaco (nel X libro delle sue Epistulae) e di Ambrogio ed è pervenuta a noi integra. Inserita anche nell’epistolario di Ambrogio, è stata edita dal Migne insieme con le lettere, tra la XVII e la XVIII, del vescovo di Milano, indirizzate allo stesso imperatore, in diretta polemica con Simmaco.
  • Costanzo, durante la visita fatta a Roma, all’indomani della Vittoria su Magnenzio, nel 357, diede ordine di rimuovere dall’aula del Senato l’altare della Vittoria …contaminari se putavit, si aram illam videret… Questa relazione è la più dotta e la più famosa delle sei rivolte dai senatori a successivi imperatori. L’altare fu quindi tolto, per la prima volta, nell’occasione della visita di Costanzo a Roma, ma ricollocato dopo che ripartì l’imperatore. Venne nuovamente rimosso per ordine di Graziano nell’ambito della serie di provvedimenti del 382, tendenti a colpire i rapporti stessi tra lo Stato ed i culti pagani. Nei due casi solo l’altare, però, era stato rimosso e non anche la statua stessa della Vittoria, in Senato, con l’altare, dal 29 a.C., portata da Taranto a Roma, per ordine di Augusto e collocata al centro della Curia. Un fugace riposizionamento, nel 393, con l’usurpatore Eugenio, sconfitto sul Frigido, nel 394, da Teodosio. Forse una breve ultima riapparizione, del contestatissimo altare, nei primi anni del 400, con Stilicone. La statua invece rimase nella Curia fino al sacco di Roma, di Alarico, nel 410.

LAltare della Vittoria . 2 pagina 001

  • (2 pagina)

 

  • LAltare della Vittoria. 3 pagina 001
  • (3 pagina)
  • Carta pergamenata
  • con chiusura rotolo in cuoio chiaro o pergamena naturale, a scelta.
  • 100 esemplari numerati, Maggio 2007.
  • Confezione in cartoncino elegante.


    • "ORIGINI  E  LABIRINTI"
    • a cura di 
    • Sandro Giovannini

     Rmedio ORIG E LABIR generale

  • “…Il labirinto non è Caos, è Ordine…”
  •  L. Borges
  • (…Inizio del discorso al Centro Studi Heliopolis di Pesaro
  • per il conferimento del Premio “Labirinto d’Argento”,
  • consegnatogli al Centro Studi in Via Gavelli,
  • prima sede in Pesaro, Luglio 1977...)
  • ...
  • Labirinti ad anelli incisi su rocce del paleolitico, labirinti di tipo cretese incisi in Europa, India, U.S.A., trojaburg di tipo nordico in Svezia, Finlandia, ex Unione Sovietica, Norvegia, Islanda, India. Labirinti su prato in Inghilterra, in Germania, a Sumatra. Labirinti a giardino dall’Europa alla Cina. Labirinti nelle chiese cristiane, da Roma all’Irlanda. Labirinti su testi manoscritti pergamenacei e su palinsesti in tutto il bacino del mediterraneo e su vari materiali: legno, paglia, corteccia d’albero, stuoia, stoffa, intonaci a Ceylon, in India, a Sumatra, in Arizona. L’idea di labirinto, nella grafica, nell’eros, nell’emblematica, nella festa, nella propaganda e nelle lotte religiose, nei giochi, (famoso il gioco dell’oca), nell’enigmistica, nella musica (famoso Il piccolo labirinto armonico di J.S.Bach), nella ginnica, nell’etologia, nell’arredamento e nuovamente nell’arte moderna in genere. E’ l’umana eterna coscienza dell’alterità inestricabile del mondo e dell’insopprimibile speranza del riscatto. E’ l’archetipo-impresa che richiede lucidità e passione, in una storia di tutti i giorni, ma che viene così tanto incredibilmente dal remoto passato e va verso l’insondabile futuro delle nostre paure e dei nostri progressi.
  • Il movimento tracciato in cielo dai cinque pianeti: Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno, rispetto all’osservatore terrestre, è di tipo curvo a cappio ed è probabilmente, da tempo antichissimo, confluita nell’idea di labirinto. L’osservazione astrale, la tecnica calendariale, tutti i simboli di passaggio: iniziazione/morte, inferi/utero, parto/rinascita e tutte le tecniche magico-imitative: danze e coralità sacre, la funzione protettiva/distruttiva nella fondazione/assalto di mura (la città archetipica è Troia), le nozze sacre, la ierogamia cosmica (il sito archetipico è Stonehenge), la iconografia solare: spirali e forme crociate ed a meandri; in tutte queste cause, l’origine unica (la spiegazione univoca) è più un mito negativo che ha fatto appassionare generazioni di studiosi su di una ipotesi principale, che una possibilità attingibile. Innanzitutto gli approcci ermeneutici: o l’impianto atemporale-metapsichico, oppure il metodo storico-filologico od ambedue, in una dosatura difficile, che attiene più ad una disposizione artistica che ad una linea scientifica. Ma la ricchezza di un simbolo consiste nella sua non riducibilità, la sua vita nel fornire rinnovate e graduali possibilità di penetrazione o d’identificazione.
  • Il “Lusus Troiae” del V libro dell’Eneide è uno dei giochi funebri in memoria di Anchise, ma il legame con il mitologhema del labirinto e la “leggenda” dell’origine dei Romani, ne fanno un punto di sutura tra inventio e dispositio e fra motivi mitopoietici e metapolitici. E’ proprio la sicura connessione fra leggenda e storia, all’incrocio dell’amptruare, come danza dell’antichissimo sacerdozio dei Salii, della geranos animale e delle gru, della geistige mitte o nozze mistiche dentro e fuori delle trojaburg, della iorogamia cosmica di Stonehenge e di tutti i labirinti a coppella, delle unioni fecondanti per campi e preservanti per fondazioni, del riuso di eventi cosmici per inaugurazioni di nuovi progetti metapolitici (vedi utilizzo accertato da Ottaviano a Costantino) che induce ad apprendere questi incroci logici come proliferazioni di tipo entropico di una primaria comunicazione metafisica che conduca da uno stato ad un altro da sé, tramite una successione smarcante rappresentata dal movimento volgente. Che ciò che è in alto e ciò che è al centro parli a ciò che è in basso ed è fuori, diviene la certificazione del vero tramite, il rappresentabile ed il graduale visualizzabile. Solo così si spiega, all’origine ed alla fine del processo, l’universalità spaziale e temporale del labirinto e la sua mobile/immobile forza separante/centrante.
  • Nell’immagine a destra in basso riporto del graffito sul ventre della oinochoe (=brocca per vino) rinvenuta nella tomba etrusca di Tragliatella (Cerveteri), ora a Roma, Museo Capitolino, chiamata anche brocca Tittoni, dall’archelogo scopritore. Datata a circa il 620 a.C., di produzione locale etrusca, su modello protocorinzio. Labirinto di tipo cretese a sette corridoi, su cui si legge la parola Truia, scritta da sinistra a destra. Dal labirinto escono due cavalieri imberbi, con ghirlande in capo, e sette guerrieri imberbi danzanti. Probabilmente è la prima e più antica testimonianza del Troiae Lusus, ove gli archetipi di Troia, Danza, Labirinto ed i rispettivi miti e riti apotropaici sono ancora inscindibilmente connessi.
  • Note:  (Cfr.: Iliade XVIII, 605; Eneide V, 545; Svetonio Div. Aug. XLIII, 2; Plutarco Vit. Par. Cat. 3,1; Seneca Troades 777; al-Qazwini Cosmografia, II, Costant.; Agàtia di Mirina Perì tès Ioustinianoù Basileìas, II,1; etc.). 
  • ...
  • Graffito grafico: mi thes athei   (= questa brocca dona Ateia);   mi velena (= questa è Elena) / mi veleli a (=???);  mi     amnu arce (= questa brocca Amno fece);    truia (= danza della truia, Troia)
  •  Carta pergamenata
  • con chiusura rotolo in cuoio chiaro o pergamena naturale, a scelta.
  • Confezione in cartoncino elegante.
  • Ia Ed. 100 esemplari numerati, Maggio 2016.


  • "PATER NOSTER"
  • testi originali a fronte
  • con scritti dei Padri
  • Michele Piccirillo ed Ernesto Menichelli
  • a cura di 
  • Sandro Giovannini
  • ***
  • (ESAURITO)

Pater Noster pagina 1

 

Pater Noster. Pagina 5 001

contenitori cilindrici in pergamena animale X Mas e Pater Noster

  • Testi a fronte, 5 pagine di carta pregiata di Fabriano,
  • con chiusura rotolo in cuoio chiaro o pergamena naturale, a scelta.
  • In un contenitore cilindrico cucito a mano,
  •   in pergamena naturale con iscrizioni serigrafiche a colori.
  • Ia Ed. 100 esemplari numerati, Aprile 2010.
  • ESAURITO

  • "OMAGGIO  A  CATULLO"
  • di EDOARDO SANGUINETI
  • con nota di Franco Brioschi
  • a cura di 
  • Sandro Giovannini

Omaggio a Catullo di Sanguineti pagina 1

  • Prima edizione in tavoletta (Tabulae) in 500 esemplari, del Gennaio 1991,
  • totalmente esaurita.
  • Seconda edizione, totalmente rinnovata, nella collana rotoli corti (Volumina)
  • in 500 copie numerate, Settembre 2008.
  • Testo latino a fronte, 4 pagine di carta pregiata di Fabriano,
  • con chiusura rotolo in cuoio chiaro o pergamena naturale, a scelta.
  • Confezione in cartoncino elegante.



 

Omaggio a Catullo Sanguineti pag. 4 001


 

  • Quarto d'ora di poesia della Decima Mas
  • di Filippo Tommaso Marinetti
  • Intr. di Benedetta, testo autografo a fronte, edizione critica,
  • a cura di Sandro Giovannini.
  • Marinetti rotolo medio
    • Questo testo ultimo, così arditamente poesia e testamento spirituale, sintesi di un'esperienza di vita-pensiero, veniva pubblicato dall'Istituto grafico Bertieri per conto dell'editore Mondadori, negli ultimi giorni della guerra civile. Seguì la sorte di quei giorni atroci e confusi e come la composizione a stampa dall'autografo fu approssimativa (la nostra edizione verificata del 1985 presenta ben otto variazioni dall'originale impaginato mondadoriano - otto variazioni in sì breve testo!), così la tiratura, dispersa in magazzino e quindi volutamente non distribuita, permise il recupero di sole poche copie. La ridotta conoscenza e circolazione di tale testo, citato nelle bibliografie ma mai ripresentato fino all'edizione integrale di Marinetti, fu influenzata sicuramente sia da tali vicissitudini editoriali, sia dal generico distacco della critica negli anni del dopoguerra, dovuta al generalizzato pregiudizio ideologico contro il Futurismo e Marinetti, ma soprattutto dall'argomento di tale "poema", lucidamente orientato in termini linguistici e contenutistici. Il nostro lavoro di verifica, pur corrispondendo in spirito con una edizione in tiratura pregiata necessariamente limitata, al grande valore in sé del testo, è ben poca cosa, ma ugualmente crediamo possa aver svolto un compito utile, partecipi come siamo, in termini d’autentica eredità spirituale, di una poesia di altissima potenza riassuntiva, pienamente fedele allo stile marinettiano, ma anche finalmente libera da ogni residuo dello specifico di maniera e quindi durevolmente significante, così vibrante ed incarnata in quel tempo di tragedia e speranza. Questo "poema", come testimonia Benedetta nella prefazione che riproduciamo, fu l'ultimo atto di Marinetti, consapevolmente accolto come testamento ideale dai familiari, vicini agli ultimi istanti del grande Maestro di pensiero e di vita. Da questo testo, si libra, in una prospettiva assolutamente inedita, sicuramente sconosciuta ai detrattori e sovente anche agli estimatori, una particolarissima (ma più spesso di quanto "oggi" si possa credere sentita e replicata e condivisa) "struttura fenomenologica" della passione civile e morale che animò gli uomini migliori di una generazione. Categoria spirituale non dissimile da quelle delle migliori e più potenti manifestazioni del genio poetico nazionale. Ormai, abbiamo motivi ampi di riflessione, lanciati tutti i dadi sul tavolo ed ampiamente consumatesi tutte le poste di questo ciclo storico, e di nuovi confronti e conforti, per questa Italia stanca e dilacerata, disertata dagli slanci ed incarognitasi sulla sopravvivenza del quotidiano, per nuove possibili ed inventabili risorse e qualità del futuro, al di là ormai di ogni strumentalità di steccato...    …parole potenti di esorcismo e di viatico.                     (Nota Editoriale di Sandro Giovannini)

    • 5 pagine di carta pregiata di Fabriano,
    • con chiusura rotolo in cuoio chiaro o pergamena naturale, a scelta.
    • Confezione in cartoncino elegante.